“La sparatoria di Forest in Belgio è solo un effetto collaterale degli attentati di Parigi, che sono stati l’11 settembre europeo, ma dobbiamo attenderci ben altre conseguenze nel medio-lungo periodo. Non dimentichiamoci che gli attentati alle Twin Towers hanno avuto sviluppi di vasta portata inclusa la guerra in Iraq”. A osservarlo è Stefano Dambruoso, questore della Camera, magistrato anti-terrorismo e deputato di Scelta civica. Ieri a Forest, periferia sud di Bruxelles, è nata una sparatoria contro la polizia belga nel corso di una perquisizione legata ai fatti di Parigi. Quattro gli agenti rimasti feriti, di cui uno in modo grave, mentre un terrorista è rimasto ucciso. La procura federale belga ha fatto sapere che l’uomo ucciso “non è Salah Abdeslam”, uno dei membri del commando di Parigi.



Che cosa ne pensa di quanto è avvenuto in Belgio?

Si tratta di una conseguenza prevedibile degli attentati di Parigi e dell’individuazione della cellula belga che aveva commesso il massacro del Bataclan. Gli attentati del 13 novembre sono un fatto ancora troppo choccante per immaginare che tutto possa ancora essere già stato assorbito dagli organi della sicurezza francese e belga. Queste ultime erano state molto criticate e criticabili nella gestione delle vicende legate alla presenza di soggetti così pericolosi sul territorio sia belga sia francese.



Lei che cosa si aspetta?

Ricordiamoci che dopo l’11 settembre, a distanza di due anni e mezzo c’è stata addirittura una guerra in Iraq quale conseguenza di un fatto così grave per un Paese culla della democrazia mondiale come gli Stati Uniti. Gli attentati di Parigi sono stati l’11 settembre europeo e continueranno ad avere delle conseguenze. La sparatoria di Forest è una delle conseguenze più vicine rispetto a quell’episodio, ma ce ne saranno altre.

A quattro mesi dagli attentati di Parigi, a che punto siamo con le indagini?

E’ stato individuato l’intero filone. C’è tutto il collegamento tra soggetti già radicati in Belgio, innanzitutto cittadini belgi che avevano avuto esperienze tra Iraq e Siria riconducibili all’attività dell’Isis. Ci troviamo di fronte ad accertamenti non particolarmente distanti rispetto a quelli che stiamo sentendo ogni giorno.



Quali sono gli sviluppi dopo la fuga di Salah Abdeslam?

Le forze dell’ordine stanno cercando di fare terra bruciata intorno a tutto il network belga di Salah Abdeslam, e quella di ieri è una delle conseguenze.

Il Belgio emerge come un terreno di coltura per jihadisti?

Il Belgio è da tempo un Paese dove ci sono filiere di musulmani radicali che hanno supportato varie forme di organizzazioni terroristiche di matrice islamista. Queste ultime gravitano in parte su Londra e in parte sul network europeo di Al Qaeda. Quindi sul Belgio non si è scoperto niente di nuovo. Però c’è un humus musulmano: evidentemente solo una minima parte è radicale, ma è una parte preoccupante.

 

Possibile che i responsabili degli attentati di Parigi siano rimasti in Belgio anziché fuggire in Siria?

Oggi lo escluderei. Chi è rimasto sono i supporter, i membri del gruppo o forse qualcuno che ha collaborato in modo non così diretto rispetto alle vicende del 13 novembre a Parigi.

 

L’auto esplosa a Berlino è in qualche modo collegata alla retata in Belgio?

No. Oggi lo escluderei ma vedremo che cosa diranno le indagini nelle prossime ore.

 

Ci sono pericoli per l’Italia?

Rispetto a questo episodio no. In generale l’Italia ha un rischio che negli ultimi mesi non è cambiato. Il nostro è un Paese che partecipa alla coalizione internazionale in Iraq. Ospitiamo inoltre una comunità musulmana che ha avuto tra le sue presenze dei soggetti legati all’area terroristica. Fortunatamente però c’è stata una capacità di intelligence e di polizia che ha monitorato adeguatamente la minaccia.

 

I negoziati in corso sul futuro della Siria possono aumentare il rischio attentati?

Non necessariamente; i negoziati di pace non sono una delle possibilità che concretamente accrescono il rischio di attentati.

 

(Pietro Vernizzi)