Si è concluso oggi l’interrogatorio a Massimo Bossetti, nell’ambito del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio e che ha visto le ultime tre tappe dedicate proprio alle parole dell’imputato. Un faccia a faccia nel corso del quale ancora una volta in aula non è mancata la presenza di Marita Comi, moglie del muratore in carcere da due anni ma anche grande commozione, come sottolinea il sito di Vanity Fair. Alla vista delle figurine dei figli portate dalla moglie ed estratte dagli avvocati, Bossetti sarebbe stato colto da una grande emozione. Messo di fronte al materiale (undici album, due scatole e carie raccolte di carte), l’imputato non sarebbe riuscito a nascondere la commozione, volgendo il suo sguardo alla moglie ed esclamando: “Quante sono!”. Ai colleghi di Vanity Fair, proprio Marita avrebbe raccontato: “In casa ne abbiamo molte di più. Le comprava per i figli, e a loro che piacciono”.



Nel corso del processo a Massimo Bossetti, presunto assassino di Yara Gambirasio, è intervenuto oggi un nuovo colpo di scena. La difesa del muratore di Mapello avrebbe chiesto alla Corte d’Assise di poter esaminare il fascicolo relativo ad un altro giallo, quello relativo alla morte di Sarbjit Kaur, 21enne di origini indiane, scomparsa nel dicembre del 2010 e trovata senza vita dopo quasi una settimana a Cologno. Tra l’omicidio di Yara Gambirasio e la morte della ragazza indiana archiviata come suicidio, potrebbe esserci un collegamento? A detta della difesa di Massimo Bossetti, questa potrebbe essere una pista da non tralasciare, giustificando l’azzardato collegamento tra i due casi in quanto “le lesioni trovate sul corpo di quella ragazza sono sorprendentemente simili a quelle sul corpo di Yara”. A riportare le dichiarazioni dei due avvocati di Bossetti è il sito di Repubblica che riporta anche le dichiarazioni dell’avvocato Camporini, il quale ha spiegato: “Siamo stati autorizzati a prendere visione di quelle carte ma quel fascicolo adesso pare essere disperso”.



Nel corso del processo a Massimo Bossetti, accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio, durante la nuova tappa odierna oltre al furgone si è tornati a parlare anche della consuetudine del muratore di Mapello di recarsi in edicola, prima di tornare a casa dal lavoro, per acquistare le figurine per i propri figli. I rivenditori chiamati in causa avevano già smentito l’assiduità con cui Bossetti avrebbe asserito di essersi recato nei propri negozi. Oggi, la moglie del carpentiere imputato, Marita Comi, si è presentata in aula portando con sé una decina di raccolte di figurine, due scatole di latta con all’interno alcune card e altre raccolte varie. Bossetti, come riporta “TgCom24”, avrebbe esaminato le figurine in oggetto ed ammesso di essere quelle che era solito comprare tutte le sere prima di rincasare, passando nelle edicole di Brembate Sopra, tra cui un chiosco di fronte la palestra frequentata da Yara Gambirasio. “Non tutte sono disponibili in edicola e avevo lasciato il mio numero agli edicolanti, in modo tale che quando arrivavano alcune serie mi chiamassero perché io dovevo completare tutte le raccolte”, ha poi aggiunto Bossetti, venendo però smentito dai tre rivenditori, presenti in aula e definiti dallo stesso imputato testimoni bugiardi.



E’ ripartita oggi la nuova tappa del processo a Massimo Bossetti, imputato per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, e per la terza volta il muratore di Mapello ha proseguito con il confronto diretto, rispondendo alle domande dei giudici. Il focus, oggi, è stato riservato in particolare al furgone ripreso nei pressi della palestra dalla quale la ragazzina fece perdere le sue tracce e che secondo l’accusa apparterrebbe proprio a Bossetti. Lo stesso aveva già negato che fosse suo, ma oggi ha motivato le sue dichiarazioni. Dopo aver osservato le fotografie e la comparazione tra i mezzi eseguita finora dagli investigatori, il presunto assassino di Yara Gambirasio, stando a quanto riportato da “TgCom24”, avrebbe esposto il difetto del suo furgone, relativo al cavalletto di protezione della cabina del suo autocarro e che sarebbe stato montato male, rendendolo differente rispetto al furgone immortalato. “L’autocarro nelle immagini invece monta un cavalletto adatto”, ha spiegato il muratore in aula. Ulteriore differenza tra il mezzo ripreso dalle telecamere ed il suo furgone sarebbe da rintracciare anche nella presenza di una doppia cassetta rispetto al suo mezzo: “Il mio ha solo una maniglia di apertura ma questo ne ha due”, ha asserito al cospetto dei giudici della Corte d’Assise di Bergamo.

Ha mostrato in aula gli album di figurine la difesa di Massimo Bossetti, interrogato di nuovo oggi nell’ambito del processo Yara Gambirasio. Il muratore di Mapello è accusato di aver ucciso la 13enne ma si è sempre dichiarato innocente pur non ricordando che cosa ha fatto il giorno della morte della ragazza. Oggi in udienza, come prova a suo favore, i legali di Massimo Bossetti hanno portato le figurine che il muratore sostiene di essere stato solito comprare tutte le sere per i suoi figli, tornando a casa dal lavoro. Durante le scorse udienze erano stati sentiti tre edicolanti della zona che però hanno affermato di non conoscere Bossetti come cliente abituale: su questo punto Massimo Bossetti ha replicato di ritenere che queste persone abbiano mentito.

Parlerà di nuovo in aula oggi Massimo Bossetti, il muratore di Mapello in carcere con l’accusa di aver ucciso la 13enne Yara Gambirasio. Bossetti sarà sentito a pochi giorni di distanza dal precedente interrogatorio. La scorsa settimana Massimo Bossetti ha respinto tutte le accuse a suo carico: ha negato di aver ucciso la ragazza, ha sostenuto che il dna trovato sul corpo di Yara non è il suo, ha ribadito di non aver fatto ricerche a sfondo sessuale su 13enni su internet. Oggi c’è attesa per quello che dirà Bossetti: continuerà a confermare le sue versioni o racconterà qualcosa di nuovo? In aula si parlerà ancora una volta del dna ma anche del furgone: si vedranno di nuovo i filmati che per gli inquirenti ritraggono l’autocarro di Bossetti mentre gira attorno alla palestra dove si allenava Yara Gambirasio. Bossetti dovrà spiegare perché ritiene che quel furgone non sia il suo.

Si riapre il processo a Massimo Bossetti per il delitto di Yara Gambirasio: questa mattina a Bergamo riprende dunque la terza parte dell’udienza che vede alla sbarra direttamente interrogato il muratore di Mapello. Oggi sarà la corte con il presidente Antonella Bertoja ad sentire Bossetti sui numerosi temi aperti e i punti oscuri della posizione del muratore, a cominciare dall’alibi ancora mancante. Dopo le prime due udienze in cui Bossetti è stato sentito prima dai legali dell’accusa, con il pm Letizia Ruggeri, poi da quelli della famiglia Gambirasio e infine dai propri avvocati della difesa, oggi torna in aula per il “terzo round” in cui il carpentiere affronterà per prima cosa l’intera questione relativa al furgone. Si vedranno per la seconda volta i filmati che per gli inquirenti ritraggono il suo autocarro mentre gira attorno alla palestra dove si allenava la giovane Yara. «Quel video lo avete montato voi per i media: non è il mio camioncino», ha tuonato una prima volta lo stesso Bossetti. La risposta, che verrà poi formulata meglio domani, del presidente della Corte, Antonella Bertoja, è stata immediata: «Noi abbiamo le registrazioni, valuteremo con quelle, lei ci spiegherà nei dettagli perché non lo ritiene il suo». Rimane poi apertissima la questione del dna, che è il vero punto di snodo dell’intero processo: “quel dna non mi appartiene”, ha detto Bossetti mettendo in forte dubbio che il dna trovato sul corpo della ragazza uccisa sia il suo. A dimostrare il contrario deve ovviamente essere l’accusa che però attorno alla questione delle provette e delle tracce ha dimostrato molto più di qualche piccola lacuna. «Quel dna non siete riusciti nemmeno a capire a quale fluido biologico corrisponda, è strampalato che per metà non corrisponde», ha attaccato direttamente Bossetti verso gli inquirenti e l’intero impianto d’accusa.