Era 20 anni fa quando le aziende che donavano cibo al Banco Alimentare pagavano le tasse come se fosse stato venduto mentre chi buttava in discarica poteva scaricare dal magazzino il valore della merce distrutta e così pagare meno tasse. Poi nel 1997 con la delega fiscale sulle ONLUS venne riconosciuta la parità di trattamento fiscale per chi cedeva come chi distruggeva. Nel 1999 fu la volta della non applicazione dell’ IVA, nel 2003 l’entrata in vigore della legge del Buon samaritano che invece chiariva la responsabilità civile nel passaggio dei beni dal cedente all’utilizzatore, fino ad arrivare alla 147 del 2013 che ha riconosciuto le organizzazioni caritative quali Operatori del Settore Alimentare e quindi l’opportunità di redigere un Manuale per le corrette prassi di igiene e sicurezza alimentare per il recupero e la redistribuzione di alimenti da parte delle organizzazioni caritative. Pur essendo passati tutti questi anni e non pochi interventi legislativi adottati, ancora tante volte mi è stato ripetuto: “per legge non posso donarvi il cibo, mi spiace”.
Cattiveria, malafede o ignoranza? Forse tutte e tre ma sicuramente l’ignoranza vinceva sulle altre. Eppure è risaputo che “la legge non ammette ignoranza” ma non so perché in Italia è il contrario “l’ignoranza non ammette la legge”. In molte aziende abbiamo dovuto fare dei propri e veri corsi formativi agli amministrativi e legali per spiegare dove trovare le leggi che permettevano sgravi fiscali, come funzionava la legge del Buon samaritano, ecc. Ricordando questi anni che colgo l’importanza del Testo Unico oggi votato e approvato alla Camera. Provate ad immaginare di aprire una scatola con dentro le tessere di un puzzle ma non c’è la foto con l’immagine di quello che dovete ricostruire, non è possibile. Così erano le norme esistenti contro lo spreco, ognuna per conto loro, senza uno scopo comune. Il Testo approvato non solo le riunisce ma individua lo scopo: facilitare la donazione perché ciò che eccede venga destinato a chi non ha neppure per sopravvivere. Questo passaggio è avvenuto perché questa legge non è il frutto di un pensiero teorico che poi doveva tradursi in realtà ma il contrario.
La realtà, l’esperienza, il lavoro, le conoscenze di tanti sono state la materia prima che ha permesso di scrivere articolo dopo articolo. È una legge usabile, anche il giorno dopo che verrà votata al Senato. Se la leggerete troverete pochissimi rimandi a regolamenti attuativi, che spesso non vengono fatti o fatti dopo anni, bloccando così l’azione legislativa. La sussidiarietà spesso ci si domanda se un’utopia o una filosofia ma questa legge dimostra che se applicata realizza in modo condiviso e utile leggi al servizio della comunità, dove la comunità le riconosce come strumenti atti a sostenere il proprio sforzo per raggiungere un bene comune.
Questo è esattamente il punto cruciale che differenzia la legge Gadda dalla Legge Francese contro gli sprechi. Nel nostro caso molti hanno partecipato a realizzarla e un politico si è messo al servizio perché il meglio dell’esperienza realizzata già da tempo dalla società civile venisse valorizzata. In Francia invece la società civile ha dovuto mettersi al servizio di un politico più preoccupato di recuperare consensi che alimenti. Mentre in Italia oggi tutti festeggiano la positiva votazione, in Francia aumentano i timori da parte delle strutture caritative di non poter ricevere le offerte di alimenti, in quanto richiederebbero milioni di euro d’investimenti strutturali. Dall’altra parte la GdO è preoccupata perché chi non dimostra di donare tutto verrà messo in una blacklist pubblica.
La legge Gadda preferisce responsabilizzare, incentivare ciò che già è parte del nostro dna: non sprecare cibo. Questo patrimonio ha bisogno di essere investito e non derubato, non dobbiamo vergognarcene ma farlo conoscere nel mondo con orgoglio come quello che ho provato oggi leggendo i complimenti per la legge italiana in un tweet del commissario ue alla salute e un articolo su quotidiano on line statutinenense l’indipendent.