Si può imparare a fare il proprio mestiere, decidendo che un piccolo spazio è riservato ai bisogni del mondo ? Io credo proprio di si. Facevano così anche imprenditori come Fossati e Ferrero, abbiamo voluto fare anche noi che abbiamo un’associazione dedicata al gusto, Il Club di Papillon, col rischio di finire diretti nel limbo dell’edonismo fine a se stesso. Così, da 8 anni abbiamo istituito la Cena In ComPagnia, con l’idea che in una certa data (quest’anno sarà il 4-5-6 marzo) in tutti i Club Papillon d’Italia ci si ritrovi a condividere il cibo (la radice della parola compagnia è Cum Panis) raccogliendo un’offerta che equivale a un pranzo in trattoria, per un’opera legata a quello che cerchiamo di vivere, il gusto appunto.
Con questa dinamica, in 8 anni, abbiamo raccolto 115.000 euro, ma la cosa che più ci ha gratificato è quanto abbiamo imparato da quegli uomini e donne, religiosi o laici, che hanno deciso di dare il proprio tempo per sorreggere l’altro, talvolta sconosciuto.
Nel 2008, quando iniziammo, partimmo da un barattolo di marmellata che conoscevamo molto bene. Lo facevamo le monache trappiste di Vitorchiano, e con i proventi di quel lavoro non solo si mantenevano ma stavano per aprire altri monasteri all’estero, con l’idea di portare il sapere benedettino nel mondo. Raccogliemmo 14 mila euro e fu un successo.
Poi conoscemmo suor Gloria Riva, una monaca esperta d’arte, che ci introdusse alla bellezza, in una convention coi delegati di Papillon. E siccome voleva creare un luogo permanente dove incontrare questa bellezza, a Pietrarubbia, la aiutammo con una raccolta di 20 mila euro. Nel 2010 il terremoto dell’Aquila ci mise sulle tracce di Mauro De Paulis di Paganica (L’Aquila), autore di favolosi salumi come il “cuor di Paganica” col negozio inagibile. Quando venne a Golosaria a Milano, ricordo, si commosse sul palco. Poi aiutammo la cooperativa Edimar di Padova, che aveva istituito una scuola di panificazione per ragazzi che erano fuori dai circuiti scolastici. Negli anni a seguire, la nostra attenzione è stata per la Cooperativa Pars di Corridonia, che ha creato una casa di accoglienza in mezzo alla campagna (bellissima) per ragazzi e ragazze. E sempre partendo dal fattore agricolo come strumento di educazione. E poi il monasterino di Azeir tra la Siria e il Libano della monache benedettine di Valserena, come simbolo di una pace eroica. Queste suore le abbiamo conosciute perché un amico giornalista in visita da loro ha trovato il nostro libro Adesso, 365 giorni da vivere con gusto. E con trepidazione pensiamo a loro in questi giorni di tensione in quelle terre, e al segno che portano. E qui si capisce cosa vuol dire “condividere” nel tran tran del lavoro che uno fa. Vuol dire aver presente anche altro da sé.
La raccolta record è stata con 24.000 euro per la pizzeria di Padre Aldo Trento in Paraguay, nel suo villaggio missionario. E se pensiamo che quest’anno quel luogo è stato visitato da Papa Francesco, ci riempie di commozione. Poi l’aiuto a due ristoratori che avevano perso tutto o subìto danni col terremoto in Emilia: la Fefa di Finale Emilia e Il Rigoletto di Reggiolo (abbiamo raccolto poco più di 13.000 euro). Infine, dallo scorso anno, ci siamo imbattuti in Gianni Rigoni Stern e nel suo progetto della Transumanza della pace, a Srebrenica, dove 20 anni fa ci fu un incredibile eccidio. Gianni, in pensione, ha ricostruito pian piano il sustrato botanico ed ha portato 147 manze di razza Rendena in quei luoghi per avviare un’attività. Al nostro appello, lo scorso anno, ha aderito persino un coro di 40 ragazze giapponesi che sono venute in Italia, a 70 anni dalla tragedia di Hiroshima, per sostenere quel nostro progetto di pace con due concerti. E quest’anno ritorneranno, il 22 luglio, a Bordighera, proseguendo sulla nostra intenzione di arrivare a costruire un caseificio a Srebrenica. Per questo faremo le 50 e più cene nei prossimi giorni, perché il cibo, la vite, il grano, sono il primo segno di pace, che invita a partecipare alla vita. Il gesto si può compiere in due, in quattro, in dieci o in 50: un incontro semplice, capace di aprirci al mondo, ridando gusto a quel dono che abbiamo di poter vivere dove siamo. Abbiamo imparato molto facendo questo. E questa è la prima cosa che viene in mente.
La Cena In ComPagnia e il progetto della Transumanza della pace