Non mancano le tensioni tra difesa e accusa nel corso del processo a Massimo Bossetti, unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio, avvenuto il 26 novembre 2010. Nel corso dell’ultima udienza, definita “lampo”, ha fatto clamore la reazione che si è scatenata in seguito alla deposizione di Walter Brembilla, custode della palestra frequentata dalla 13enne ed incalzato dagli avvocati di Bossetti. Il giudice Antonella Bertoja, prima della sospensione dell’esame e del rinvio del processo a nuova data, ha precisato come Brembilla fosse solo un testimone e non un imputato. La diatriba è proseguita anche ai margini dell’udienza, quando i legali del presunto assassino di Yara Gambirasio hanno insistito sull’atteggiamento sospetto del custode, sebbene in passato il teste sia stato sottoposto a tutti i controlli del caso, compreso il prelievo del dna, come sottolineato dal legale di parte civile, Andrea Pezzotta. Intanto, come sottolineato dal sito “Bergamopost.it”, la prossima udienza per il processo a Massimo Bossetti è fissata a dopo Pasqua e precisamente al prossimo 30 marzo. Il giudice ha ordinato per tale data una verifica dell’elenco dei testimoni della difesa che saranno chiamati a deporre. La prossima udienza sarà caratterizzata nuovamente dall’alta tensione?



Nei giorni scorsi, ha fatto molto discutere la dichiarazione di Massimo Bossetti, imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio, fatta dallo stesso nel corso dell’udienza e riferita al padre della 13enne. Il muratore di Mapello aveva definito l’uomo “non normale” in riferimento al suo atteggiamento assunto nei giorni successivi alla scomparsa della ragazzina di Brembate. Su Massimo Bossetti e sulle sue parole sono piovute non poche critiche ma oggi, il giornalista Enrico Fedocci sul quotidiano “Bergamonews.it” analizza le parole dell’imputato sottolineando come nel novembre del 2010 in tanti aveva sospettato o comunque ritenuto anomala la reazione di Fulvio Gambirasio, padre di Yara, il quale si era defilato dalla ricerche della figlia dedicandosi al gioco delle macchinette di videopoker. Le stesse forze dell’ordine avevano ritenuto anomalo l’atteggiamento dell’uomo tanto da spingerle a mettere in casa della famiglia Gambirasio una cimice per intercettare le conversazioni. Ne derivò che quella di Fulvio Gambirasio era solo una reazione del tutto umana di fronte ad un dramma che lo aveva colpito in modo violento e dal quale inconsciamente cercava di prendere le distanze. Il giornalista da questa storia ne ha dedotto un insegnamento importante: “Quel che ho tratto da quell’esperienza è che non bisogna mai giudicare le reazioni degli altri”. Nonostante questo, farsi delle domande lo ha ritenuto del tutto legittimo, comprese le parole dell’imputato: “Bossetti potrà pure essere un assassino – per ora solo presunto – ma che non possa dire ciò che molti hanno pensato e detto proprio quando questi fatti accadevano è frutto di un atteggiamento ipocrita da cui mi dissocio con decisione”, scrive.



Mentre si attendono sviluppi nel processo a Massimo Bossetti, unico indagato per ora per il delitto della giovane Yara Gambirasio – in uno dei casi più lunghi e complessi della cronaca nera degli ultimi anni – prende corpo l’ipotesi, come affermavamo anche nei giorni scorsi di indagini a carico di Walter Brembilla, il custode della palestra dove si allenava Yara che in un primo tempo si era detto sicuro di essere stato in casa, adiacente alla palestra, ma poi nell’ultima udienza di venerdì scorso ha ammesso di aver detto così perché temeva di essere sospetto nel delitto se avesse detto la verità, ovvero che era sceso di casa attorno alle 18.30. Il punto è che in quel momento spariva Yara ma Brembilla non ha visto nulla, ha confermato, dunque non ci sono elementi contro Bossetti da questo lato dell’indagine. Il legale di Bossetti, Paolo Camporini, a margine della udienza poi sospesa proprio per queste discrepanze nelle versioni del custode, ha ricordato a Tg Com24 di come al momento vi siano troppi elementi non chiari per poter incriminare definitivamente il muratore di Mapello. Vi è un generale atteggiamento di “omertà e reticenza”: «vi sono reati commessi in aula, appunto omertà e reticenza, è una persona che sicuramente sa qualcosa, non vuole e non ha voluto dirlo. Strano che avesse paura, perché allora la ragazza non era ancora stata ritrovata».

Leggi anche

Claudio Salvagni, avvocato Bossetti: "Archiviazione per Letizia Ruggeri?"/ "La Legge non è uguale per tutti"