Nessun essere umano può sopportare di vivere un’esperienza completamente negativa. Eppure gli attentati di Bruxelles sembrerebbero negare questa evidenza. Cosa c’è di positivo? cosa c’è, in questa storia, che non sia odioso, intollerabile? Trentuno morti innocenti, decine e decine di feriti, e dopo il dolore e il pianto resterà quasi certamente la paura. Impossibile evitarla.
Eppure quella frase rimane vera. Bisogna imparare qualcosa da tutta questa bruttura, fin da subito. Bisogna imparare che uomini incapaci di vivere una vita normale, che uomini incapaci di provare gioie e dolori semplici, umani, quotidiani, sono condannati a uccidere. Non sono uomini religiosi, come dicono: sono uomini senza vita.
La vita è stata loro tolta tanto tempo fa, prima che esistesse l’Isis: l’avevano persa in luoghi dove la vita c’era stata, un tempo, ma dove tutto questo era stato dimenticato. Chi erano questi uomini da bambini? I loro padri e le loro madri non hanno potuto rendere vivibile la vita per questi figli — perché questo va detto: anche loro sono figli, proprio come i miei figli, figli come lo erano le povere ragazze morte a Tarragona, e che adesso hanno qualcuno che le piange, che le ricorda, che riconosce il vuoto lasciato dalla loro morte prematura.
Lo dico perché non dobbiamo lasciarci ingannare fino a perdere anche noi la nostra vita, fino a reclamare tutele impossibili. L’espressione mettere in sicurezza in poche ore è risuonata decine di volte. Ma quanto ci costerà mettere in sicurezza le ventiquattro ore di cui si compone la nostra giornata? Aeroporti, autobus, metrò, supermercati, bar, negozi, taxi, uffici, redazioni di magazine, finestre, cucine, le camerette dei nostri bambini. Come faremo a mettere in sicurezza i mari? Le ferrovie? Il cielo?
Se rinunciamo a vivere sarà questa la conseguenza. Per un’ora di shopping dovremo avvalerci della protezione dell’esercito, delle camionette blindate, dei cecchini sui tetti. Bisognerà allestire centrali operative per tenere sotto controllo le gallerie della metropolitana, le fognature, le condutture elettriche e quelle idrauliche, così da poter raggiungere il panettiere e dire come va? al nostro vicino di casa.
Ma noi non sopporteremo tutto questo, perché un uomo è comunque più di questo. Perché la nostra forza invincibile è lei: la nostra vita quotidiana. Alzarci la mattina, lavarci la faccia, andare al lavoro o a scuola, passeggiare sul lungofiume, fare la spesa, decidere quello che si mangerà oggi a pranzo, sistemare dei fiori in un vaso — e potremmo continuare per pagine e pagine a descrivere, a raccontare la bellezza della nostra povera, semplice vita di ogni giorno.
Certo, capita che la morte ci venga a prendere nel bel mezzo di un gesto appagante, di un’esperienza piena di serenità. Ma rinunciare a questa bellezza per metterci in sicurezza (cosa peraltro impossibile) sarebbe il più grande dei delitti.
Dobbiamo capire la forza immensa della nostra vita, la sua capacità di vincere qualsiasi mostro. Da Guerra e Pace a Vita e Destino, la grande letteratura non smette di innalzare il suo inno a questa quotidianità povera, dimessa, eppure capace di sconfiggere perfino Napoleone e Hitler, e di resistere alla disumanità di chi si dice nostro amico per poterci portare via tutto.
Io credo che la terribile frase di Gesù, “Amate i vostri nemici” significhi anche questo: non smettete di amare la vita nemmeno al cospetto di chi ve la vuole togliere, non smettete di amare la vita anche se è quella dei vostri nemici.
Davanti al dolore quasi insopportabile di queste ore, voglio ricordare un episodio del Vangelo (Lc 4, 38-39): “Uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva”.
Si alzò in piedi e li serviva. Il miracolo è questo. La donna si mette a fare quello che avrebbe fatto in ogni caso, perché questa è la sua vita, questa è la bellezza della sua normalissima, semplice vita (solo uno sciocco non capisce quanto è bello servire).
Di fronte all’orrore loquace e macchinoso di uomini senza una vita, senza piacere, senza gioia, difendiamo — vivendo — questa immensa forza, questa bellezza, di cui spesso ci accorgiamo solo quando stiamo per perderla per sempre.