Per la seconda volta, Marc Prato, il pr gay romano accusato insieme a Manuel Foffo dell’atroce omicidio di Luca Varani, ha deciso di restare in silenzio di fronte al pm Francesco Scavo. La prima volta era accaduto qualche giorno fa in seguito al lieve malore che lo aveva portato al trasferimento presso l’infermeria del carcere e durante la quale, a detta del suo legale, non era nelle condizioni fisiche e psichiche per poter rispondere alle domande. Ieri, ancora una volta è sopraggiunto il silenzio, questa volta voluto da Prato, intenzionato a parlare solo nel caso in cui dovesse cadere la premeditazione. Come sottolinea il quotidiano “Secolo d’Italia”, dunque, vale per Prato la prima versione dell’interrogatorio avvenuto dopo il delitto di Luca Varani, nel corso del quale il pr trasferisce ogni responsabilità a Manuel Foffo del quale si dichiara invaghito e con il quale dorme abbracciato dopo l’uccisione del 23enne. Marc Prato sceglierà la via del silenzio anche davanti ai giudici del Riesame? Questi ultimi dovranno decidere se revocare o meno la misura cautelare in carcere come richiesto dall’indagato tramite il suo legale.



Il primo interrogatorio a Marc Prato, assassino insieme a Manuel Foffo del 23enne Luca Varani, ucciso dopo essere stato seviziato lo scorso 4 marzo, sembra aver assunto il sapore della sfida. Una sfida che ha visto come principale destinataria la Procura di Roma, come sottolinea “Giornalettismo.com”, all’indomani dell’incontro in carcere tra il pr romano ed il procuratore. In base a quanto scrive Il Messaggero, Prato si sarebbe limitato a scaricare le responsabilità dell’omicidio su Manuel Foffo di cui il pr si era invaghito: “Manuel mi ha spinto a strangolarlo, ma io non ce l’ho fatta. I colpi di coltello e di martello li ha sferrati lui”. Il giovane trentenne si sarebbe rifiutato di parlare, sfidando con il suo silenzio il pm. A fornire una chiave di lettura in merito all’atteggiamento poco morbido di Prato, sarebbe stato il suo legale che ha spiegato: “Non ha voluto rispondere per un motivo ben preciso: il pm ha continuato a contestargli l’aggravante della premeditazione, nonostante il gip l’avesse fatta cadere”, sottolineando come il suo assistito parlerà “non appena gli verrà contestata l’imputazione così come è stata indicata dal gip nell’ordinanza cautelare”. La Procura, tuttavia, non avrebbe dubbi: Marc Prato avrebbe scelto il silenzio come pura strategia difensiva.



Marco Prato si rifiuterà di parlare ai magistrati se non gli verrà tolta l’accusa di omicidio premeditato. Il gip, dice l’avvocato difensore, aveva immediatamente tolto l’accusa, ma il pm gli contesta l’aggravante della premeditazione. Prato infatti rivolge ogni accusa all’amico Foffo, dicendo che Foffo gli aveva detto di strangolare Varani ma lui non se l’è sentita, quindi Foffo ha ucciso il giovane a colpi di coltello e martellate. Marco Prato ha anche chiesto la scarcerazione, nei prossimi gironi il giudice del riesame dovrà decidere. 

Con chi hanno parlato al telefono Manuel Foffo e Marc Prato subito dopo aver ucciso Luca Varani? Gli investigatori indagano sui tabulati telefoniche mostrano che dopo la morte del giovane i due abbiano cercato qualcuno: forse volevano un aiuto disperato per far sparire il corpo? Ecco dunque che si ipotizza che una terza persona fosse al corrente del fatto. Risulta che i due abbiano chiamato Alex, già interrogato perché invitato al festino die due assassini e che aveva rifiutato le proposte di Foffo e Prato. 



Nelle ultime ore gli investigatori che stanno gestendo il caso dell’omicidio di Luca Varani si stanno chiedendo se Marc Prato e Manuel Foffo abbiano chiamato qualcuno perché li aiutasse a liberarsi del corpo del giovane 23enne romano. E’ quanto riporta il Corriere della Sera, riportando un particolare avvenuto nella notte dell’omicidio, ovvero il fatto che mentre ancora il corpo di Luca Varani si trovava sul letto, Manuel Foffo e Marc Prato avrebbero usato il telefono. Secondo l’articolo del quotidiano, sarebbero emersi ulteriori particolari dai tabulati telefonici che indichirebbero l’intervento di una terza persona o forse più sulla scena del crimine. Fra le varie telefonate che i due presunti assassini di Luca Varani hanno fatto 24 ore prima del delitto, ci sarebbero quelle dirette ad Alex, il pugile di 34 anni ascoltato dagli inquirenti come frequentatore assiduo della casa di Foffo nei tre giorni in cui i due complici si sarebbero dati all’alcool ed alla droga. Negli ultimi giorni, riporta Il Messaggero, proprio Alessandro M., Alex, avrebbe corretto un’altra volta la propria versione, dichiarando di aver ricevuto delle pressioni da entrambi i giovani per delle prestazioni sessuali. Nel frattempo si attende il Riesame per la scarcerazione di Marc Prato, previsto per la giornata di domani. La famiglia di Foffo inoltre, riporta Roma Corriere, ha nominato la criminologa Roberta Bruzzone come consulente per la difesa. Il Pm Francesco Scavo si avvale invece di un’altra consulente, la criminologa Flaminia Bolzan, che da lunedì scorso sta ricostruendo il profilo psicologico dei due presunti assassini, alla ricerca del reale movente. Fa ancora scalpore invece una delle ultime dichiarazioni del padre di Manuel Foffo sull’omosessualità del figlio. Sono in molti gli articoli che hanno messo Valter Foffo alla gogna per una frase infelice in cui aveva affermato che “a noi Foffo non ci piacciono i gay, ci piacciono le donne vere. E mio figlio non è da meno”. Il Fatto Quotidiano ha ribadito che l’omicidio di Luca Varani vede alla sbarra Manuel Foffo non per la sua identità sessuale ma per la barbarie con cui avrebbe messo fine alla vita del ragazzo. Scrive il giornalista Dario Accolla: “a noi del fatto che Foffo e Prato fossero etero, gay o bisessuali dovrebbe importare poco, così come non ci è saltato in mente di mettere in relazione orientamento sessuale e crimine commesso nei casi di Meredith Kercher, Sarah Scazzi, Yara Gambirasio, ecc. La cosa che dovrebbe contare davvero è stabilire una verità processuale su un delitto efferatissimo in cui le persone indagate sono coinvolte in quanto ree confesse. E arrivare a una condanna conseguente, per un semplice fatto di giustizia. Se poi a gente come Manuel non piacciono i gay, da appartenente alla categoria posso solo tirare un sospiro di sollievo“.