Risponde di primissima mattina, perché la sua giornata comincia molto presto. E si scusa: “Mi spiace ma ho veramente poco tempo e onestamente ho anche la testa altrove, in questi giorni”. Sono i giorni più intensi dell’anno, per Pierbattista Pizzaballa. Come sempre, il custode di Terra Santa è diretto, semplice, tranchant. Cita Milosz: “Sono solo un uomo, ho bisogno quindi di segni visibili, il costruire scale di astrazioni mi stanca presto”. “La storia di Caino si ripete continuamente”, dice Pizzaballa, ma Cristo è risorto, a Gerusalemme come a Molenbeek, in Belgio, la terra più perduta dell’Europa di questi giorni. “La pace la devo avere io, nel mio cuore. Sono io che devo cambiare e divenire capace di leggere e guardare il mondo con gli occhi di un redento, toccato dall’esperienza di salvezza. E di fronte a tale pace il male non può nulla”.
Padre Pizzaballa, c’è morte ovunque, lì dove è lei ma anche in Europa. Eppure il Papa e la Chiesa insistono a parlare di misericordia. Ci vuole un bel coraggio. Dove trovarlo? E chi non ce l’ha?
Fuori da un contesto e un percorso di fede, non si può comprendere l’insistenza del Papa sulla misericordia, soprattutto in queste circostanze drammatiche. La misericordia cristiana non è una tecnica di sublimazione interiore o di ascesi, ma la modalità attraverso la quale Dio si manifesta a noi. E noi a nostra volta possiamo fare esperienza di Dio solo attraverso la sua misericordia. Incontro Dio nell’esperienza del perdono che Egli mi dona continuamente, perché quando mi pongo di fronte a Lui vedo innanzitutto il mio peccato e la mia infedeltà. E quindi, anche il suo amore misericordioso. La misericordia però non è solo l’atteggiamento riservato al Dio-con-noi. Essa diventa anche il modello del nostro vivere nel mondo.
Che cosa intende?
Se sperimento la misericordia di Dio, non posso a mia volta che diventare annunciatore di quella stessa misericordia. Un mondo senza Dio è un mondo che non può conoscere la misericordia. La storia, e purtroppo anche il presente, ci mostra testimonianze atroci di come organizzazioni e movimenti, volendo cancellare la presenza di Dio o, peggio, manipolando e strumentalizzando la fede in Dio (e così facendo negandolo), si siano macchiati di crimini atroci.
E l’uomo che si fa Dio.
Quando l’uomo perde il senso di Dio e perciò il senso della Sua misericordia, quando l’uomo si fa Dio a se stesso, diventa in realtà nemico di se stesso. È la storia di Caino, che si ripete continuamente. Dopo avere rifiutato la paternità di Dio, l’uomo rifiuta anche il suo senso di fraternità, la coscienza di essere fratello. La misericordia diventa così anche il criterio di discernimento della verità della propria esperienza di Dio. Un credente senza misericordia in realtà non ha mai fatto esperienza di Dio. Bisogna poi aggiungere che la misericordia porta con sé anche giustizia e verità. Il peccato compiuto, per essere perdonato, ha bisogno innanzitutto di essere riconosciuto nella sua verità e fermato. Il male commesso ha bisogno di essere sanato.
L’Europa è sconvolta dai suoi figli che le si rivoltano contro, e vogliono uccidere padri e madri perché obbediscono a un altro credo. Cosa abbiamo sbagliato?
Certamente abbiamo sbagliato molto nelle politiche di integrazione e temo che continueremo a sbagliare. Ma questo non giustifica il terrorismo, le persecuzioni su base etnica o religiosa, la violenza. Sono da condannare e basta.
Lei vive in una terra senza pace. E se fosse destino quello di vivere senza pace? Cosa le fa sperare nella riconciliazione, sperare che possa andare diversamente, che qualcosa cambi?
Prima di tutto sento che devo cambiare io. La pace la devo avere io, nel mio cuore. Sono io che devo cambiare e divenire capace di leggere e guardare il mondo con gli occhi di un redento, toccato dall’esperienza di salvezza. E di fronte a tale pace il male non può nulla. La pace nel mondo non la avremo mai completamente. Insieme al desiderio di bene, infatti, nel cuore dell’uomo vi è anche una radice di male, che continuerà purtroppo a colpire. Ma questo non è un pretesto per non lavorare per la pace. Il credente cristiano non si arrende al male, ma costruisce il bene che ha sperimentato. È questo il senso della testimonianza cristiana.
Siamo alle prese con un’ondata di profughi senza precedenti. Come vede l’Europa dal suo punto di osservazione?
Vedo tanta confusione e paura, che non aiutano. Questo fenomeno continuerà ancora a lungo, che lo si voglia oppure no. Occorre prenderne atto a organizzarsi. Occorre definire criteri per le politiche di integrazione, che ancora non esistono, dove si chiariscano i diritti e i doveri, i limiti e le opportunità.
In Siria intanto la guerra continua. Secondo lei come andrà?
Mi auguro che il 2016 sia l’anno della svolta, e che la parola dalle armi passi alla politica e alla diplomazia. Ma la ricostruzione sociale e religiosa di quel paese è ancora lontana. Le ferite lasciate da questa guerra richiederanno generazioni per essere curate.
Solo se il cuore è aperto può accogliere la misericordia di Dio, ha detto papa Francesco. Ma chi aprirà il nostro cuore malato di scetticismo e sfiduciato? E chi non ha la forza di farlo?
La sua domanda mi fa ricordare un testo di Milosz: “Sono solo un uomo, ho bisogno quindi di segni visibili, il costruire scale di astrazioni mi stanca presto. […] Capisco che i segni possono essere soltanto umani. Desta dunque un uomo, in qualsiasi posto della Terra (non me, perché ho comunque il senso della decenza) e permetti che guardandolo io possa ammirare Te”. Dobbiamo chiedere nella preghiera che qualcuno ci dia questa testimonianza e ci apra il cuore. Dobbiamo chiedere questo dono continuamente.
Non crede che “amare i nostri nemici” sia un ideale irrealizzabile?
Se così fosse, che ne sarebbe di Cristo che dalla croce perdona i suoi assassini? Che ne abbiamo fatto della testimonianza cristiana? È solo un insieme di regole etiche e di buoni sentimenti? No. La storia della Chiesa, l’esempio di tanti santi, noti e sconosciuti, ci dice che è possibile. Che il Vangelo di Cristo non è utopia. È vita vera, vissuta. E vogliamo continuare a dare con gioia questa testimonianza anche oggi.
(Federico Ferraù)