Essere nati nel 2015, che sfiga. Trattasi di neonati che hanno davanti verosimilmente 80,1 anni da vivere se sono maschietti, 84,7 se sono femminucce. Fossero nati un anno prima avrebbero potuto programmare di stare al mondo un altro paio di mesetti o anche tre, se femmine. Son sempre soglie di età tra le più alte al mondo: per dire, i neonati Usa 2015 lasceranno questa valle di lacrime un anno e mezzo prima dei nostri, a 80 anni non ci arriveranno, a riprova del fatto che l’Italia dal dopoguerra a ieri non è stata poi tanto male. 



Però proprio dal dopoguerra ad oggi è la prima volta che in Italia la speranza di vita cala. Ma come? Non doveva aumentare ancora? Giovani scienziati della Yale (l’università, non la chiave) ci hanno fatto sperare con la scoperta dell’elisir che allunga la vita, anche del 40%. Elisir, si fa per dire: non è più l’intruglio miracoloso degli imbonitori del vecchio west; questo qui è un ormone, nientemeno, ha anche un nome: FGF 21, quindi esiste, anzi per alcuni è immortale, ed è già stato testato: su topi anziani. Dicono che gli ha giovato. Sicché anche gli anziani vedranno riconosciuti i loro nuovi diritti alla longevità, se topi; niente contro i topi, ma lo vorremmo riconosciuto anche noi, noi anziani umani, il diritto all’ormone FGF 21.



Wellness — Meno male che una ridda di rubriche su riviste e siti web ci indicano con chiarezza le semplici regole per allungare la vita. Se non del 40%, almeno di un bel tot. DiLei basa tutto sull’alimentazione. Nella nostra cucina non debbono mancare per nessuna ragione: bacche di Goji, Miele di Ulmo, Quinoa (un’erbacea del Perù, speriamo bene), Crusca (che una volta si scartava per darla agli animali, adesso costa come caviale), Kiwi, Amaranto, Agar Agar e finalmente Tè verde e Olio Extravergine, le uniche due cose, a parte la crusca che si sa cosa sono. Per chi vuol farla più semplice, Star Bene riduce gli alimenti miracolosi da 10 a 6: Tè verde, Patate viola, Alghe, Cacao, Mirtilli, Pesce. Buon appetito. Un altro sito punta invece sull’etica, sui comportamenti corretti. Anch’essi sono dieci, come gli alimenti miracolosi e come i comandamenti. Fra cui: Dormire bene, Indossare Scarpe comode, Sorridere, Evitare le vitamine perché basta l’aspirina, Prendersi cura di un cane, Stare nudi davanti allo specchio. Perché che fa tutto è l’autocoscienza.



Morire da sani — E poi, lo riconosce anche l’Osservatorio della Salute, noi italiani aspiranti alla lunga esistenza abbiamo migliorato moltissimo il nostro stile di vita: più moto, più palestra, più nuoto, meno tabacco, meno vino, niente superalcolici, meno grassi, meno carboidrati. Una fatica del diavolo. O meglio: una vita da malati, come diceva l’illustre clinico Enzo Jannacci, per morire da sani. Invece, che sfiga: moriremo lo stesso sovrappeso e pure due mesi prima rispetto all’anno scorso. Come minimo, perché se il trend va avanti… moriremo prima della pensione. 

Ecco, proprio adesso, poi, che stanno arrivando le buste arancione dell’Inps. Sette milioni di persone, che hanno un lavoro, vabbè magari precario e pagato due dita negli occhi, ma che disdicevolmente non posseggono il pin per accedere al sito dell’Inps causa mostruoso digital divide, e questo è grave, verranno informate a quanti anni (tanti) andranno in pensione e con quanti euri (pochi). Qualcuno teme che, se il trend negativo della speranza di vita continua, l’età pensionabile si collochi post mortem.

Il sorpasso — Altri dati poi ci vengono a dire che se i vecchi muoiono, i ragazzi calano: e così, come correndo una gara all’incontrario, già l’anno prossimo il numero di anziani over 65 supererà quello della fascia d’età 0-14 anni. Chi scrive è del ’51, per l’anno prossimo sarà over ’65 e si godrà lo storico sorpasso: sono soddisfazioni. Per non dire che il 2050 sarà l’anno degli ultracentenari: otto volte rispetto a quelli in vita oggi.

Scherzi a parte, cioè se la finissimo di ragionare di fitness e longevità, dovremmo interrogarci su due cose.  

Morti sospette — La prima riguarda la qualità dello sviluppo e il destino del welfare rispetto ai più deboli, specie gli anziani. C’è un fenomeno recente e molto significativo portato alla luce in febbraio su Avvenire dal demografo e docente universitario Carlo Blangiardo, ripreso dal professor Vittadini sul sussidiario, ma per lo più ignorato altrove: nei primi otto mesi del 2015 (ultimo dato disponibile allora) si sono registrati 45mila decessi in più in Italia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta di una crescita di morti dell’11%, pari solo a quella che si era registrata ai tempi delle due guerre mondiali. Questo è il fatto da guardare bene in faccia e indagare. Il calo della speranza di vita ne è in buona misura conseguenza. Ha scritto Vittadini: “Il primo dovere morale, prima ancora di avere risposte, è quello di accorgersi di queste morti strane ed esigere che vengano studiate e se ne trovino le cause… “. E cita Papa Francesco, il quale “parlando agli anziani il 28 settembre 2014, ha additato la velenosa cultura dello scarto e la realtà dell’abbandono degli anziani; e all’Associazione dei medici cattolici italiani, il 15 novembre 2014, ha detto che in Italia tutti sappiamo che con tanti anziani, in questa cultura dello scarto, si fa eutanasia nascosta“.

Fra 33 anni gli ultracentenari saranno otto volte gli attuali, ammesso che la sfera di cristallo abbia visto giusto, ma potrebbero essere semplicemente parte di una minoranza di “superstiti”. La domanda da porsi è se nel riformulare il welfare, adeguando obiettivi e risorse, in campo sia una cultura dell’altro come bene e della solidarietà o la dilagante cultura dello scarto. 

Che ci sto a fare? — La seconda questione riguarda la nostra persona. Certo, siamo in una valle di lacrime ma nessuno di noi ha premura di abbandonarla. L’uomo è fatto per la vita. E per giorni felici. Tanti giorni, ma soprattutto felici. La domanda è non “come faccio a vivere (triste) da malato per morire (triste) da ultracentenario sano”, ma “cosa sono al mondo a fare, adesso, e da che cosa o da chi attendo giorni felici, ora”.