Da questa mattina ha preso il via il vertice che ha visto coinvolti gli inquirenti egiziani e quelli italiani pronti a far luce sul giallo dell’uccisione di Giulio Regeni. Secondo quanto trapelato dal quotidiano La Stampa, il vertice che si è tenuto presso la Scuola superiore di Polizia a Roma si è da poco concluso per la giornata odierna ma domani sarebbe in programma un nuovo incontro con gli egiziani i quali sarebbero in possesso di un faldone con migliaia di pagine nelle quali potrebbero esserci, si spera, le informazioni su quanto realmente accaduto al giovane Regeni. Gli inquirenti italiani avrebbero inoltre chiesto i tabulati relativi al traffico telefonico nelle zone dove Giulio Regeni viveva al Cairo, precisamente a Dokki, e dove poi fu ritrovato senza vita. Nelle migliaia di pagine al vaglio anche dei nostri inquirenti verrà finalmente a galla la tanto attesa verità?
È partito il vertice Italia-Egitto per il caso Regeni che ancora tiene alta la tensione sulla diplomazia tra i due Paesi: la delegazione di magistrati e investigatori è arrivata dal Cairo a Roma ieri sera e ora ci si concentra sul dossier che sarà consegnato agli italiani. Mancano moltissimi punti ancora sullo scacchiere già complesso che mai, tra i dati delle celle telefoniche e il video delle telecamere dove viveva il giovane ricercato friulano. Partono così due giorni di confronto sul caso Giulio Regeni che si spera siano fruttuosi per la verità della vicenda a tratti davvero paradossale, se si dimentica un attimo che a morire è stato un giovane ragazzo. Dalle prime indiscrezioni, il dossier arrivato dall’Egitto assieme ai magistrati sarebbe di circa 3mila pagine con oltre 200 verbali di testimonianza raccolti al Cairo in questi mesi. Presenti tra collaboratori e traduttori i massimi dirigenti del Servizio Centrale Operativo (Sco) della Polizia e dei Ros, ovvero dei carabinieri. Presente anche il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone per cercare di far luce il già possibile sulla verità: sarà complesso e la collaborazione fino ad ora non è stata di certo delle migliori.
Giornata chiave nel caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano ucciso in circostanze misteriose al Cairo, in Egitto. Dopo le forti pressioni del governo italiano, che anche ieri tramite il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni aveva preannunciato “misure tempestive e immediate” in caso di mancate svolte nelle indagini, è arrivato il giorno del tanto atteso incontro nella Capitale tra la delegazione di investigatori egiziani e gli inquirenti italiani. A Roma si cercherà di indagare ulteriormente sulla lettera anonima ricevuta e pubblicata dal quotidiano “La Repubblica” che indica come mandante del sequestro di Giulio Regeni il generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza. Come riporta l’Ansa, l’anonimo sostiene di far parte della polizia segreta egiziana e fonti al Cairo de “La Stampa” confermano che sarà proprio quella di Shalabi la testa che il governo egiziano deciderà di sacrificare sull’altare dei buoni rapporti con il paese italiano. L’uomo era stato già condannato nel 2003 per aver torturato a morte un uomo falsificando i rapporti della polizia, ma era stato reintegrato dopo la sospensione della sentenza. Nel frattempo, come riporta l’Ansa, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha ribadito la linea di Palazzo Chigi:”Abbiamo scelto di far lavorare insieme i magistrati di Italia ed Egitto e siamo impegnati a che su Giulio Regeni non sia una verità di comodo ma la verità. Aspettiamo che i magistrati facciano i loro incontri, noi siamo pronti a seguire quel lavoro con grandissima determinazione. Nessun tentativo di svicolare rispetto alla verità sarà accolto da nessuna parte“.