Non volle mai rivelare i rapporti fra Cosa Nostra e politica Gaetano Badalamenti, il boss di Cinisi mandante dell’omicidio di Peppino Impastato. Stasera su Rai 1 va in onda il film sulla madre di Peppino, Felicia Impastato: il figlio fu ucciso il 9 maggio 1978 proprio su ordine del boss. Come mandante del delitto Gaetano Badalamenti fu condannato nel 2002 all’ergastolo. Peppino Impastato, nella sua famosa trasmissione radiofonica “Radio Aut”, denunciava quotidianamente i crimini dei mafiosi di “Mafiopoli” (Cinisi) e le attività di “Tano Seduto”, soprannome ironico e dispregiativo dato appunto a Gaetano Badalamenti. Il boss di Cinisi morì però in carcere negli Stati Uniti due anni dopo la condanna in Italia. Negli Usa stava scontando una condanna per traffico di droga nell’ambito dell’inchiesta “Pizza Connection”. Ma Gaetano Badalamenti non rivelò mai ai giudici i suoi segreti e non confessò mai di appartenere a Cosa Nostra. Morì nel 2004 a 80 anni: era da tempo malato e trascorse gli ultimi giorni di vita in un centro medico del Federal Bureau of Prisons in Massachusetts, dove era stato trasferito dalla prigione di Fairton dove era detenuto.
È conosciuto nella storia italiana come uno dei più grandi boss mafiosi, responsabile della diffusione di terrore e sangue a partire dagli anni ’60. Una figura che ha lasciato una impronta insanguinata sulla storia italiana e che oggi torna protagonista della fiction di Rai 1 “Felicita Impastato”, dedicata alla madre di Peppino, ucciso a cinisi, paese di “Tano” Badalamenti, proprio su ordine dello stesso mafioso. Tommaso Buscetta, Salvatore Greco, Luciano Liggio, Salvo Lima ed anche Giulio Andreotti. Sono questi alcuni dei nomi che nel corso di tanti anni si avvicinano al nome di Badalamenti, divisi fra loschi affari di criminalità ed incontri segreti e sediziosi. La preferenza di Don Gaetano per l’illecito avviene fin dal ’46, quando viene spiccato un mandato di cattura con l’accusa di concorso in sequestro di persona ed associazione a delinquere. L’anno seguente a questi capi di reato si aggiungono anche quelli di omicidio pluriaggravato e tentato omicidio, ma Gaetano Badalamenti sfugge alla giustizia raggiungendo l’America e trovando rifugio presso il fratello Emanuele. Quattro anni più tardi viene estradato per immigrazione illecita e riportato in Italia, dove riesce tuttavia a sfuggire alle accuse per insufficienza di prove. E’ qui che nasce quello che sarà il Boss del clan di Cinisi, partendo prima come vice di Cesare Manzella. All’inizio il giro di affari di Badalamenti riguarda per lo più il contrabbando di sigarette e droga, intrapreso proprio grazie a Buscetta, Greco e Mancino, per poi passare al settore degli autotrasporti al fianco di Liggio. Alla morte di Manzella, il passaggio del testimone è quasi d’obbligo e diventa perno di quella che viene considerata come prima guerra di mafia. In questo momento le autorità cercano il Boss, ma solo per interrogarlo sull’omicidio del predecessore ed altri delitti avvenuti nel territorio. Gaetano Badalamenti si dà alla latitanza ed ancora una volta, dopo le diverse denunce per associazione a delinquere, viene assolto per insufficienza di prove. Dieci anni dopo, la realtà di Don Gaetano è molto forte, tanto che la schiera dei capo clan, minata in quegli anni dall’Antimafia, viene ricostruita sotto il suo dominio. In quel momento però Totò Riina prende il posto di Liggio per la famiglia dei Corleone e dà un duro colpo all’apparente intoccabilità di Badalamenti, uccidendo Luigi Corleo, il suocero di Nino Salvo e quindi legato al clan di Cinisi. Dal punto di vista degli affari criminali, Badalamenti ha in piedi un traffico internazionale che vede coinvolta l’America, grazie al sostegno di Domenico Coppola. E’ solo l’inizio del crollo di Badalamenti, estromesso da Riina dalla Cupola appena qualche anno più tardi, per via della discussione “non autorizzata” sull’esecuzione di Francesco Madonia, capo clan di Vallelunga Pratameno. Per timore di essere ucciso, Gaetano Badalamenti espatria in Brasile, ma continua a gestire il narcotraffico americano. Prima di partire però, uccide Giuseppe ‘Peppino’ Impastato simulando un suicidio, a causa di alcune accuse pubbliche che gli aveva mosso nel corso della sua trasmissione radiofonica Radio Aut. Il caso diventa subito difficile, sia perché le prove sono poche, nonostante gli indizi e la battaglia della madre della vittima, Felicia Impastato, sia perché il Boss nutre ancora di un certo appoggio da parte delle autorità. Nell’84 e nel ’92 si cerca inoltre di arrivare all’archiviazione, approfittando dell’attentato avvenuto nel frattempo ai danni del magistrato Rocco Chinnici, l’unico che si era voluto interessare al caso. L’eredità viene assunta spontaneamente alcuni anni dopo dal magistrato Roberta Imbergamo che porta a segno la condanna all’ergastolo nel 2002, riuscendo a dimostrare che Gaetano Badalamenti fu il mandante per l’omicidio di Peppino Impastato.