Il giallo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi continua a far rumore, sebbene siano passati ormai trenta anni. La Cassazione ha di recente stabilito la non riapertura del caso, come invece aveva chiesto la famiglia della ragazza sparita a 15 anni da Città del Vaticano. Dopo la decisione della sesta sezione penale della Cassazione, era intervenuto il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, il quale come riporta LaPresse.it aveva commentato: “Nessun potere, per quanto forte sia, potrà fermare la verità, anche se rimarrà una sola persona a difenderla e a pretenderla”. Anche l’avvocato che rappresenta la famiglia della ragazza scomparsa aveva annunciato nelle passate giornate l’intenzione di presentare ricorso alla Corte di Strasburgo. Il caso di cronaca tra i più inquietanti e complessi degli ultimi 30 anni, tornerà centrale nel corso della nuova puntata della trasmissione Chi l’ha visto?, in onda stasera come sempre su Rai 3.



E’ ancora un mistero dopo oltre 30 anni la scomparsa di Emanuela Orlandi. Il 22 giugno 1983, a Roma, quella che all’epoca era una ragazza di 15 anni fu vista per l’ultima volta dopo la lezione di pianoforte. Oggi sarebbe una donna di quasi 50 anni ma non si sa che fine abbia fatto. Del caso si parlerà stasera a Chi l’ha visto?, il programma di Rai 3 condotto da Federica Sciarelli: nei giorni scorsi infatti è arrivata la pronuncia della Cassazione sul ricorso presentato dalla famiglia. I familiari avevano chiesto che non fosse archiviata l’indagine da parte della Procura di Roma ma la Corte ha respinto la richiesta ritenendola, come riporta Panorama.it, “inammissibile”. Già la famiglia di Emanuela Orlandi, tramite il suo avvocato, ha fatto sapere che andrà avanti. Il legale infatti, come riporta Repubblica.it, avrebbe annunciato il ricorso alla Corte di Strasburgo: “La famiglia Orlandi ha negli anni scorsi presentato una serie di memorie per sollecitare gli inquirenti a seguire la pista del terrorismo internazionale, piuttosto che quella della Banda della Magliana. Ebbene, la Procura non ha mai ritenuto necessario svolgere approfondimenti su questo filone e sviluppare quegli indizi indicati e suggeriti a più riprese da questa parte offesa, come se li avesse del tutto ignorati”.



Si è molto discusso nei giorni scorsi del caso di Emanuela Orlandi, uno dei delitti che hanno più sconvolto nel corso di tanti anni l’opinione pubblica italiana. Questa sera, alla luce della conferma dell’archiviazione dell’inchiesta da parte della Cassazione, il caso verrà nuovamente trattato a Chi l’ha visto?, ripercorrendo i tratti salienti della vicenda ed analizzando i motivi che hanno portato a respingere il ricorso della madre della vittima. Era il 22 giugno dell’83 quando Emanuela Orlandi venne vista per l’ultima volta, appena 15enne, al secondo anno di liceo a Roma. La scuola aveva appena terminato il programma di lezioni, ma Emanuela continuava a seguire le lezioni di pianoforte alla scuola Tommaso Ludovico da Victoria per tre volte a settimana. L’istituto è collegato al Pontificio Istituto di Musica Sacra, all’interno della Città del Vaticano, dove Emanuela Orlandi  viveva fin dalla nascita assieme a papà Ercole e mamma Maria, oltre ai quattro fratelli e sorelle. Emanuela Orlandi  era metodica ed abitudinaria, tanto che per raggiungere l’istituto musicale saliva sullo stesso autobus, scendeva dopo qualche fermata e poi proseguiva a piedi per non più di 300 metri. Quel giorno la ragazza arriva in ritardo alle lezioni, come raccontò Raffaella Monzi, sua compagna di scuola. “Mi ricordo che arrivò in aula molto affannata“, riportano gli atti. Prima di terminare le lezioni, Emanuela Orlandi  contatta la madre, ma non trovandola è alla sorella che riferisce di aver incontrato uno sconosciuto lungo la strada che le aveva offerto 375mila lire per distribuire i volantini della Avon. La sorella la ammonisce e la mette in guardia, ma Emanuela Orlandi è convinta che sia una proposta valida e si ripromette di parlarne più tardi con i genitori. Chiede poi di uscire dalle lezioni dieci minuti prima del previsto e quando si incontra di nuovo con Raffaella le chiede un consiglio su cosa fare, indecisa ancora se prendere l’autobus per ritornare a casa oppure andare all’appuntamento per quel lavoro. Anche l’amica crede che la cifra proposta sia eccessiva, ma la lasciò libera di scegliere. Alle 3 di notte Emanuela Orlandi non è ancora tornata a casa ed i genitori chiamano la direttrice della scuola di musica per sapere se qualcuna delle compagne potesse avere sue notizie. La denuncia di scomparsa scatta il giorno dopo perché i genitori seguono il consiglio della Polizia che li invita ad attendere perché la figlia poteva essere fuori con le amichette.



Due giorni dopo un certo Pierluigi telefona alla famiglia di Emanuela Orlandi e fornisce dei particolari sulla ragazza, riferendo che ora si fa chiamare Barbarella e vende prodotti per la Avon. A quanto dice Emanuela è voluta scappare di casa, cosa che viene confermata anche il giorno successivo sempre da Pierluigi e più tardi da un certo Mario, il proprietario di un bar. I dettagli che vengono riferiti in queste telefonate sono attendibili ed effettivamente corrispondono -come gli occhiali, certi atteggiamenti, il particolare che la sorella si sarebbe sposata di lì a poco- alla realtà. Nel luglio dello stesso anno, Papa Giovanni Paolo II fa un appello ai sequestratori di Emanuela Orlandi, ufficializzando così per la prima volta che si trattasse di rapimento. Due giorni dopo arriva un’altra telefonata, questa volta da parte di un uomo che si fa chiamare l’Americano e che dopo aver fatto ascoltare una registrazione con la voce di Emanuela, richiede di fare lo scambio fra la ragazza e Alì Agca, ovvero l’uomo che aveva sparato al Pontefice. Le richieste si aggiunsero a quelle dirette ad una compagna di classe di Emanuela Orlandi e furono sette le occasioni in cui il Papa intervenne pubblicamente per parlare con i rapitori. Dal canto suo Agca, che in quei giorni assume un atteggiamento strano, si dissocia invece totalmente dall’azione. Da lì il silenzio è quasi assordante, fino al luglio del 2005, ovvero quando la redazione di Chi l’ha visto? riceve una telefonata in cui un anonimo riferisce di cercare il corpo di Emanuela Orlandi all’interno della cripta della Basilica di Sant’Apollinare. In quel luogo si trovava sepolto Enrico De Pedis, ovvero uno degli esponenti meggiori della banda della Magliana. Ed è da qui che partono le indagini su De Pedis ed il Cardinal Poletti, alla ricerca di qualche connessione e della spiegazione di un particolare riferito nella telefonata, ovvero di quel “favore” che il De Pedis doveva fare al religioso.