Mamma a 70 anni. Si può, si può. Pensiamo di potere tutto. Anche se non è naturale, non è possibile. Anche se il tuo viso, il tuo corpo, esternamente e internamente, ti dicono che sei vecchio, che il tempo della procreazione è finito. Che sarà mai.

Ormoni a bomba, qualche ovulo comprato qua e là, selezione per scartare i difettosi, inseminazione, in utero proprio o altrui o artificiale, e bastano nove mesi, al massimo. 



Daljinder vive in Punjab, è sposata da 47 anni, pare ne abbia 70, anche se laggiù i certificati di nascita sono opzionali, ma in ogni caso basta vederla. Una vecchia, anche se oggi si dice anziana fino al compimento del secolo. Una vita passata a desiderare e cercare con ogni mezzo un figlio, perché come ci racconta l’antica Bibbia e come ancora in alcuni paesi si crede, non essere madre è considerata una maledizione. 



E infatti Daljinder benedice Dio, che le ha dato quel che voleva, anche se alla fine della sua esistenza, e lei e suo marito hanno chiamato il figlio Armaan, che significa desiderio. Fa pena e tenerezza a un tempo, nonna Daljinder, nella sua ignoranza che stravolge le intenzioni di fede che pure declama a tutti. “Dio ha voluto… Dio si curerà… Lo affido a Dio… Dio ha ascoltato le nostre preghiere…”. 

Perché Dio non aveva, voluto. Dio permette la libertà, ma non per questo approva tutte le sue scelte. Dio non è affatto d’accordo con chi si fa saltare in aria pensando di procacciarsi la vita eterna. Dio non asseconda per nulla i massacri dei nemici fatti in Suo nome. Dio non centra, né con questo mostruoso incrocio di provette per forzare la natura e mettere al mondo un bimbo orfano, per soddisfare il desiderio malato di due adulti. So bene il refrain: “quanti bambini perdono padre e madre appena nati..”. Già, ma non per volontà loro, o dei genitori.



Ma l’orrore non è nella patologia psichica di due vecchi, illusi e strumentalizzati per battere un record, per vedere fin dove ci si può spingere. L’orrore sta in chi esalta le possibilità mirabili della scienza, di chi magnifica la nascita di questo bimbo “in buona salute e pieno di energia”, di chi chiosa: “d’altra parte l’eterologa era l’unica strada percorribile, a quell’età”. E chi ha obbligato i medici a percorrerla? Chi li ha superbamente spinti a sostenere la follia, probabilmente a innescarla, invece che suggerire alla donna e al marito una compagnia e uno psichiatra? Chi riporta la notizia lo fa con toni esaltati quasi si trattasse di un traguardo della ricerca scientifica, sottolineando il primato. L’orrore è lì. In chi quasi mostra commozione a quel “ora sono completa”, di nonna Daljinder, che è invece un forse inconsapevole atto di presunzione, egoismo e sfida. A quel Dio che invoca.

Ma c’è dell’altro: non a caso le più disumane e impensabili manipolazioni sull’uomo avvengono pionieristicamente in paesi un tempo “in via di sviluppo”, oggi all’avanguardia nella tecnologia, seguendo e anzi superando i modelli occidentali. Paesi dove la miseria e le diseguaglianze sociali spingono tanti a offrirsi come cavie, tanti a vendersi. Bisognerà capire, poiché il caso di nonna Daljinder non è affatto isolato, chi ci specula, chi ci guadagna, chi considera ancora quelle terre zone franche di esplorazione e sfruttamento.