Novità in vista nel giallo di Lidia Macchi, la giovane studentessa di Varese uccisa nel gennaio del 1987 con quasi trenta coltellate e per il cui omicidio da pochi mesi è in carcere Stefano Binda. Dopo la decisione della Cassazione che ha respinto la richiesta di scarcerazione della difesa di Binda, il quotidiano Il Giorno oggi riporta un’ulteriore novità relativamente ai reperti separati sulla salma di Lidia riesumata nella scorse settimane. Si tratterebbe di unghie, denti, peli e capelli isolati dai resti della vittima e che saranno presto analizzati da un tossicologo e da un genetista nominati dal gip di Varese, Anna Giorgetti. Al genetista, in particolare, spetterà l’arduo quanto delicato compito di rintracciare possibili tracce del Dna riconducibile a Stefano Binda e che andrebbe così a confermare la sua colpevolezza. L’uomo, è stato arrestato a sorpresa solo lo scorso 15 gennaio con l’accusa di aver violentato e poi ucciso Lidia Macchi.



L’uomo accusato di aver ucciso nel gennaio 1987 la studentessa Lidia Macchi resta in carcere. La prima sezione penale della Cassazione ha infatti rigettato il ricorso degli avvocati difensori di Stefano Binda che avevano chiesto la sua scarcerazione, richiesta che era stata presentata direttamente alla Corte Suprema con la motivazione di insussistenza delle esigenze cautelari (pericolo di fuga, reiterazione del reato, inquinamento delle prove). Ma la cassazione ha respinto la richiesta principalmente per l’ultima delle esigenze cautelari, si teme infatti che il Binda possa far pressione sulle persone che lui  e Lidia Macchi frequentavano all’epoca del terribile omicidio. Il caso Lidia Macchi come si sa è stato riaperto lo scorso gennaio con l’improvviso e sorprendente arresto dell’uomo, su cui pendono sospetti molto pesanti. Con la riesumazione del corpo della giovane uccisa lo scorso mese si spera di trovare tracce significative di dna.

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