E’ stata una Festa dei Lavoratori molto particolare quella di Rudy Guede, in carcere per l’omicidio di Meredith Kercher. Su un lungo post su Facebook, Guede racconta la propria visione del mondo, dietro quelle sbarre che limitano il mondo ma creano anche spazi. “Diventano spazi della mente“, scrive in mezzo a tante frasi che parlano di tutto, quasi seguissero il flusso di pensiero tipico della scrittura di James Joyce. Ogni parola diventa trampolino per un discorso, come la parola “ricordi” che anche se riferita al futuro fanno fare invece a Guede un salto nel passato, verso sua madre. “Non vedo mia madre dal 1998″, confessa, “la prima volta era stata nel 1992/93, non ricordo bene“. In carcere il tempo non esiste, così come lo spazio. Si mescola in un vortice di passato, presente e futuro da cui si entra e si esce in continuazione. La madre, riferisce, è ancora viva. Ed anche se non la può vedere, risiede nei suoi pensieri. Dopo questa breve digressione nostalgica, Rudy Guede torna a concentrarsi sul tema della Festa dei Lavoratori, rivelando che lì dove si trova “si lavora e condivide innanzitutto una condizione lavorativa“. Anche in questo caso non esistono barriere se non quelle dettate dai ruoli. “Detenuti, personale e polizia. Tutti viviamo in uno stesso spazio che crea una condizione condivisa all’interno della quale si sviluppano procedure e differenze“. Alla fine, si potrebbe dire, che il carcere è per tutti, non solo per chi è condannato. Anche chi vi lavora in nome delle autorità vive nella stessa situazione. L’unica differenza è che poi, a fine giornata, uno dei due esce. Guede no, rimane lì, nel carcere di Viterbo, quello che definisce un modello “dove tocchi con mano cosa significa reinserimento“. Qui, i detenuti rivivono i valori perduti nella società, esattamente come il Primo Maggio. E’ proprio tramite il lavoro che i carcerati possono ritrovare il contatto con il mondo, oltre ad essere una necessità. Guede annuncia infine che a luglio si laurerà, dopo aver lavorato proprio nel penitenziario per permettersi i libri su cui studiare. Non poteva mancare un ringraziamento a tutte quelle figure che hanno reso possibile questo suo sogno, dalla polizia penitenziaria agli altri detenuti che “condividono con me questa fase dolorosa della mia vita“. Clicca qui per leggere il testo integrale del post di Rudy Guede



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