Nell’ambito del processo a Massimo Bossetti, presunto assassino di Yara Gambirasio e giunto ormai alle sue battute finali prima della sentenza del prossimo giugno, a prendere la parola sono stati gli avvocati di parte civile. L’avvocato Enrico Pelillo, difensore dei genitori della ragazzina uccisa, nel corso dell’udienza di oggi ha riservato parole durissime sia a Bossetti che alla moglie Marita, definendo lei “reticente” e lui “un mentitore seriale”, come riporta Leggo.it. La tensione nell’aula del Tribunale di Bergamo, tuttavia, si è registrata dopo le parole del legale sul presunto movente: “Il movente dell’omicidio di Yara è chiaro e limpido ed è di natura sessuale”, ha asserito l’avvocato della famiglia Gambirasio. E’ stato nel momento in cui ricostruiva come sarebbero andati i fatti che l’imputato sarebbe esploso rompendo il silenzio ed asserendo – come già accaduto in passato – “Non è vero niente!”.
Dopo la discussa richiesta di ergastolo a carico di Massimo Bossetti, unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio, avanzata dal pm Letizia Ruggeri, quest’oggi si è svolta una nuova udienza nel corso della quale è intervenuto l’avvocato di parte civile di Massimo Maggioni, collega di lavoro di Bossetti. Maggioni lo ha accusato di calunnia dopo che il carpentiere di Mapello e presunto killer di Yara Gambirasio fece il suo nome facendo ricadere i sospetti dell’uccisione della ragazzina su di lui. Il legale di Maggioni, Carlotta Biffi, come riferisce Blitz Quotidiano, in apertura di udienza avrebbe chiesto in favore del proprio assistito un risarcimento totale di 100 mila euro o una provvisionale di almeno 50 mila euro a discrezione della Corte. A detta dell’avvocato, come ha specificato la giornalista di SkyTg24, ci sarebbe stata una vera e propria calunnia aggravata dall’intenzione di Bossetti di puntare il dito contro il collega durante un interrogatorio in carcere molto dettagliato.
Dopo la richiesta del pm di condanna per Massimo Bossetti, si attende ora a metà giungo la sentenza definitiva del giudice che dovrebbe porre fine al procedimento quasi infinito sul delitto di Yara Gambirasio. Il legale della famiglia della piccola tredicenne uccisa, Enrico Pelillo, ha parlato in un’intervista all’Eco di Bergamo in cui ha ripercorso tutte le tappe di questa ultima parte del processo. «La famiglia Gambirasio sta vivendo tutto questo periodo con dolore, riserbo e dignità. Con l’obiettivo di non arrivare ad un colpevole ma al colpevole». Secondo l’avvocato però la vera prova regina esiste e sarà quella che incriminerà Massimo Bossetti: «la prova del dna è una prova storica, inossidabile, immarcescibile, un macigno per Bossetti, è la sua firma. Del resto non ho mai visto un’indagine scientifica così inconfutabile, ma di prove ce ne sono altre: come i contenuti del computer di Bossetti, le fibre compatibili con quelle del furgone, alle sferette di metallo pure trovate sul corpo di Yara e che può aver raccolto solo sul furgone dell’imputato».
Si discute ancora della richiesta della pm Letizia Ruggeri che ha voluto la condanna ad ergastolo per Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio. L’evento non ha disatteso le aspettative, nemmeno quelle dell’imputato che al contrario di quanto è accaduto in precedenza si è dimostrato piuttosto impassibile durante l’udienza. La sorella Laura invece, riporta l’Eco di Bergamo, non ha voluto rispondere a nessuna delle domande dei giornalisti, preferendo il silenzio. A parlare sono stati invece i difensori di Bossetti, gli avvocati Paolo Camporini e Claudio Salvagi che hanno sottolineato l’inefficienza non solo delle prove a carico, primo fra tutti il DNA, ma anche dello stesso processo. “Questo è un processo pieno di vuoto“, riferisce l’avvocato Camporini, “abbiamo sentito parlare per mezz’ora solo delle bugie. Non si è parlato del delitto, del movente, della dinamica“. Secondo il difensore la pena richiesta dal pm sarebbe inoltre anticostituzionale e ha sottolineato più volte che l’accusa non ha in alcun modo spiegato come avvenne esattamente il delitto. Secondo il magistrato invece basterebbero gli atteggiamenti avuti da Massimo Bossetti lungo tutto il procedimento a dimostrare “l’incapacità di controllarsi”. Per spiegarlo meglio, il magistrato ha fatto un altro collegamento, ovvero l’omicidio perpetrato da Roberto Paribello nel 2002 ai danni di Paola Mostosi. In quel caso l’uomo tramortì la vittima e la caricò sul camion, uccidendola solo dopo aver affrontato un giorno di lavoro. Il pm crede che la dinamica del delitto di Yara Gambirasio sia impossibile da definire proprio per questo motivo, perché il suo assassino potrebbe averla convinta a salire sul famoso furgone oppure averla stordita ed in seguito caricata sul mezzo.
L’atteggiamento poco collaborativo di Massimo Bossetti sarebbe quindi una prova per il pm della sua colpevolezza, senza considerare il fatto che fosse abituato a raccontare menzogne. Nel suo ambiente infatti era conosciuto come “il favola” ed ai colleghi aveva raccontato in passato di aver avuto un cancro. Tutto questo rende ogni sua dichiarazione, secondo l’accusa, del tutto inattendibile. A ciò si aggiunge anche il tentativo iniziale di Bossetti di scaricare ogni responsabilità sull’ex collega Massimo Maggioni. Questo è il motivo che ha spinto l’accusa a chiedere anche una condanna per calunnia, evidenziando che fu proprio Bossetti, all’epoca, a richiedere di poter dare spiegazioni sul perché il proprio DNA fosse stato rilevato sulla vittima. Un tentativo di depistaggio che per il pm è valso come una confessione, soprattutto per le motivazioni che aveva dato per giustificare la colpevolezza di Maggioni. “Guardava le ragazzine scendere dall’autobus vicino al cantiere“, aveva riferito ed in più l’ex collega era anche geloso di lui, perché aveva una bella famiglia. Ora si attende solo la sentenza definitiva che avverrà forse per la metà di giugno. Oggi saranno invece le parti civili ad intervenire in tribunale, mentre fra una settimana sarà il turno della difesa.