Sono tra quelli che non sopportano la laudatio postuma, immemore e un po’ ipocrita. Dunque, i peana unanimi, troppo unanimi a Marco Pannella mi sembrano d’occasione e poco sinceri. Sono tra quelli che Pannella l’ha sempre e grandemente stimato, considerandolo un campione di libertà prima che lo dicesse Renzi, anche se tocca intendersi sul concetto di libertà. Per me la libertà di abortire non è libertà; la libertà di darsi la morte non è libertà; la libertà di considerare ogni desiderio un diritto non è libertà. Neanche gli incondizionati elogi alla coerenza mi piacciono, considerandola spesso la virtù degli sciocchi: è bello e giusto e saggio molte volte cambiare idea. Mi ha sempre colpito in Pannella un umanesimo integrale, anche perché formato dal pensiero cristiano, la curiosità, la passione per la realtà in tutti i suoi risvolti, la purezza di sguardo, la totale mancanza di interesse per il potere, per la ricchezza, per l’onorabilità, l’assenza di fanatismo, sempre temperato dall’ironia e dall’autoironia, qualità che manca a tanti suoi figli e sodali. In questo libero, sì, dagli stereotipi, dai formalismi, dal tenore da assumere. Gli dobbiamo un’idea della politica che vorrei in tanti assopiti e timidi cristiani.



Sono anche tra quelli rimasti basiti dalla notizia che il papa lo cercava, gli aveva telefonato. Mi ci è voluto un po’ per acquietare un’istintiva ribellione, e riflettere sull’apertura così totale di chi sa accogliere tutti e cercare i più lontani. Che lontani non erano, se è vera la lettera di Pannella al papa per cui Monsignor Paglia ha fatto da tramite, e che Famiglia Cristiana rivela. Stupore totale, e un po’ di vergogna per la piccineria d’animo di chi proprio non riesce a smettere di giudicare, e con categorie riduttive, meschine. Perché è la lettera di un uomo fisso al destino, consapevole, non rassegnato, ma come pronto a un’altra sfida, all’incontro più arduo e speciale. Drogo agli spalti della Fortezza Bastiani, già “vicino al cielo”, e da lassù si vede meglio il mondo, ci si può chinare con compassione agli uomini e alle loro prove. Partecipe al punto di vivere passo dopo passo il cammino di chi si intuisce amico e maestro. “Vicino a te a Lesbo, quando abbracciavi la carne martoriata di quelle donne e di quei bambini…”. “Vicino a te, in tutte le uscite che fai tu”.

Fiducia, immedesimazione, quasi il passaggio di un testimone, ma a chi guida la corsa, a chi sa come alzare la fiaccola e renderla visibile a tutti. Si appella al Vangelo, il mangiapreti cresciuto nell’Azione Cattolica, e come si è da vecchi, pensoso e commosso, si appella al Vangelo come strada da vivere accanto agli ultimi scartati del mondo. Tanto da riconoscere un dono dall’alto in questa tenerezza, in questa passione indomita che lo muove.

Lo Spirito che muove il mondo, le foglie degli alberi, il volo dei gabbiani. A cui non chiedere nulla per sé: l’orizzonte, chissà, spes contra spem. Contro ogni speranza negata dalla ragione razionale, contro ogni speranza annientata dal male così pervicace e violento, contro ogni speranza abbattuta dall’egoismo più ottuso: la speranza. “Pensiero fisso”. Che evidentemente è lo stesso del papa, e si intuisce la confidenza, i discorsi profondi scambiati e accennati qui con pudore. Tu lo sai di che parlo, ecco. Ce lo siamo detti. Spero anch’io che sia come dici tu, contra spem. E se non è convincente la mia parola, se tentenna il pensiero, avvezzo all’esercizio del dubbio, è saldo il bene, che supera ogni distanza e ogni differenza. “Ti voglio bene davvero”, è più di una preghiera. Seguita dall’adorazione della croce in nome della quale un uomo si è fatto sacerdote e martire, santo, Oscar Romero. “Non riesco a staccarmene”. A non affidare a questo segno di morte e resurrezione la speranza flebile, l’indomita volontà di fare, le esitazioni, le impennate di rabbia, perché tutto non sia perduto e inutile.

E’ così bella, questa lettera, che conviene credere che non sia vera. Ci tocca altrimenti chinare il capo, comprendendo che voleva dire il papa con quel “chi sono io per giudicare”. Nessun “santo subito”, che Pannella ci avrebbe fatto una risata, sprezzante, ma la certezza del Salmo: “Chi è mai l’uomo, perché tu te ne curi”. Lui si cura proprio di tutti. Cristo, intendo. E il papa non fa altro che ricordarcelo.