Era già successo, e non solo a Torino, che è sempre all’avanguardia nelle battaglie vinte su diritti civili, dirà qualcuno, oppure secondo altri è pioniera da un secolo di una concezione dell’uomo basata sull’assoluta autodeterminazione, che ne disgrega i legami affettivi e l’idea di coscienza morale ancorata al bene oggettivo. I massoni hanno lasciato buone tracce, e i comunisti vi si sono accasati bene. Com’era prevedibile, una sentenza del Tribunale di Torino, sezione minorenni, ha di nuovo sancito la stepchild adoption, poco importa se in Italia non vige il common law e una legge appena firmata dal presidente della Repubblica non si occupa del tema limitandosi — si fa per dire — a parificare il matrimonio omosessuale e relative famiglie a quello tradizionale, e non stiamo a guardare il pelo nell’uovo della terminologia, la realtà è questa. Non l’avevate capito, ingenuoni? E infatti a Torino due in un colpo solo, adozioni incrociate, ovvero di due madri lesbiche dei rispettivi figli, nati con l’inseminazione artificiale all’estero, anni fa (l’utero almeno loro non l’hanno affittato, pour cause, se no sarebbero fuori legge, naturalmente. O no? I giudici potrebbero sempre decidere altrimenti).
I bimbi stanno bene, le famiglie hanno un buono status economico, che altrimenti qualche obiezione l’avrebbero avuta, le madri sono in buona salute, che come si sceglie sano l’embrione anche una madre malata sarebbe difficile da mandar giù. Felici le coppie, angosciate dopo il “duro colpo” di quello stralcio della Cirinnà.
Preoccupazione esagerata, e basterebbe averla letta bene, la legge, e aver ascoltato la Cirinnà ribadire trionfante che anche quel dettaglio della stepchild sarebbe stato superato nei fatti, o a colpi di maggioranza, in autunno. Non è necessario perché già avviene, è avvenuto di nuovo, e pazienza se i resistenti dell’Ncd cercano di convincerci di aver fatto muro, salvando scelte che nella pratica vengono tranquillamente avallate, secondo un’idea di ciò che è giusto e ingiusto personale (la “sentenza creativa” del giudice) o al massimo soggetta alla maggioranza. Che libera tanto non è, dopo campagne martellanti inneggianti alla libertà, al progresso, al dover stare al passo con l’Europa (chissà perché l’Europa che fa muri al Brennero allora non dovrebbe indurci a stare al passo anche lì; mah).
Insomma, la Corte europea dei diritti dell’uomo (quella Corte che non si occupa con pari cura degli immigrati venduti schiavizzati, uccisi, che ritiene sacrosanto l’aborto, perché non si tratta di uomini, eccetera) la Corte, ribadiamo, fornisce “una definizione di vita familiare ancorata ai fatti e non basata sulle condizioni giuridiche… e nessuna rilevanza può avere che l’unione affettiva sia tra persone dello stesso sesso”.
Nessuno che abbia interpellato i bambini, alla nascita o dopo, se siano contenti di avere de mamme e nessun papà, se gli sia davvero indifferente. Nessuna considerazione prudenziale sul fatto che, non essendo naturale, potrebbe tutto ciò avere conseguenze anche importanti sulle persone, oggi o domani. Questo è terrorismo di retrogradi bacchettoni, naturalmente.
Ma allora, non era più semplice, anziché ingolfare i tribunali già oberati di cause, seguire la Corte, la creatività dei magistrati, che parlano sovente, non bisogna andarli a stanare, e inserire anche l’adozione tout court nella legge approvata? O dovremo credere che i tentativi morbidi di addolcire la pillola sono stati inutili quando non vagamente ipocriti, e ci perdonino tutti quei pochi in buona fede, che credono ancora di avere un ruolo nel paese, anche contro la dittatura dei numeri.