Il processo a Massimo Bossetti, unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio, è ormai giunto alle sue battute finali. Ancora poche settimane e conosceremo la sentenza che potrebbe confermare la richiesta di ergastolo avanzata dal pm Letizia Ruggeri alcune udienze fa. Intanto, è bene ricordare che l’ultimo appuntamento in aula a Bergamo lo scorso venerdì, ha visto protagonisti i legali dell’imputato e presunto assassino della tredicenne di Brembate. Ad aprire l’udienza sono state le parole dell’avvocato Claudio Salvagni il quale ha voluto inevitabilmente ricordare la vittima di quello che è stato definito senza mezzi termini “un delitto efferato, terribile”. Il pensiero è andato anche alla sua famiglia, da sempre molto composta e che ha affrontato con estremo dolore questi lunghi sei anni prima della verità. Dopo la necessaria premessa, il legale ha voluto aggiungere, come riporta L’Eco di Bergamo: “Prima ancora che da avvocati, ci siamo convinti da padri che la persona che andavamo a difendere non è un assassino”.



Nel corso della passata udienza del processo a carico di Massimo Bossetti, presunto assassino di Yara Gambirasio, a prendere la parola è stata la sua difesa. La lunga arringa ha visto protagonisti i due difensori, a partire da Claudio Salvagni, il quale ha insistito sul fatto che dalla vita del suo assistito, letteralmente passata al setaccio, non sarebbe emerso nulla. Nonostante questo, sarebbe stato inquadrato come un “sexual offender”, fatto ritenuto dallo stesso Salvagni “assurdo”. “La sua vita è casa, lavoro e famiglia”, ha ancora aggiunto il suo legale, rafforzando la sua tesi e sostenendo: “Molti uomini hanno l’attitudine a essere piacioni, a essere provoloni, come si dice, ma questo non fa di loro degli assassini”. Al termine della lunga udienza, l’avvocato Claudio Salvagni ha ribadito la giornata faticosa scrivendo un post sulla sua pagina Facebook: “Io c’ero! Con tutta la banda Bossetti! Go, non è finita! Grazie a tutto il team che si è stretto attorno a massimo per questo faticoso ultimo atto del processo! Siete meravigliosi anche voi tutti amici che ci avete supportato. Per oggi non ho più energie”. Clicca qui per leggere i commenti.



In occasione dell’ultima udienza che ha visto protagonista Massimo Bossetti, a processo per il delitto di Yara Gambirasio e che si è svolta lo scorso 27 maggio, ha fatto molto discutere la presenza di Marita Comi, moglie dell’imputato. A far molto parlare, divenendo “bersaglio preferito di certa stampa” – come sottolineato da Enrico Fedocci a Cronacacriminale.Tgcom24.it – è stato l’arrivo della donna a bordo di una Porsche Panamera guidata dal consulente della difesa Ezio Denti. In tanti giornalisti hanno attaccato la donna per essere giunta a bordo della lussuosa vettura. A scendere in campo nelle ultime ore è stato anche l’avvocato Claudio Salvagni, parte della difesa di Bossetti, il quale tramite la sua pagina Facebook ha commentato i duri commenti contro la moglie del suo assistito asserendo: “Se fossi giornalista per un giorno: Titolo: “dalla Porsche all’ultimo pasto”. Sottotitolo: “le insipienti osservazioni di un giornalismo decerebrato”. Occhiello: “opinionisti da quattro soldi””. Tanti anche i messaggi in difesa di Marita Comi, la quale nei giorni scorsi, secondo quanto rivelato da Oggi.it, avrebbe ripreso i colloqui con il marito in carcere dopo averli inizialmente interrotti in seguito allo scandalo delle lettere che il presunto assassino di Yara Gambirasio avrebbe inviato alla detenuta Gina. Clicca qui per leggere i commenti al post di Salvagni.



Mentre si attendono le ultime battute del processo a Massimo Bossetti, accusato di essere l’unico assassino della piccola Yara Gambirasio, prosegue la lotta fuori dalle aule del tribunale di Bergamo tra le varie fazioni. I colpevolisti e gli innocentisti ci sono e saranno sempre, ma negli ultimi tempi sono i favorevoli alla “scarcerazione immediata” del muratore di Mapello. A favore di Bossetti è sceso in campo il giornalista Mediaset e conduttore di Matrix, Luca Telese, che sulle pagine di Libero ha scritto quanto segue: «Massimo Bossetti va assolto e vi spiego perché: Adesso sappiamo che non è vero, ha giurato il falso, per un ufficiale è gravissimo». Per Salvagni non torna nemmeno l’ uso delle intercettazioni: «Avete fatto credere che Bossetti sapesse che quella sera c’ era il fango, che si fosse tradito dicendolo alla moglie in carcere. Eppure leggendo la stessa trascrizione sapevate che spiegava a Marita: “Salvagni dice”. È una follia, una follia!». Non torna la scena del delitto».

Manca ancora poco alla sentenza definitiva per il processo sulla morte di Yara Gambirasio. Con l’annuncio della condanna Massimo Bossetti, unico indagato per il delitto, potrebbe vedersi comminare una pena piuttosto salata. In questi giorni la Corte d’Assise di Bergamo dovrà fermarsi a discutere e decidere chi sia realmente il Bossetti. Se quel predatore notturno che aggredisce ed uccide una ragazzina, abbandonata poi in un campo a morire da sola. Oppure il padre di famiglia capace di sciogliersi in un pianto al solo sentire nominare i figli. Nell’udienza di venerdì era tanta l’attesa per l’arrivo di Ester Arzuffi, la madre di Bossetti, ma la donna non si è presentata a causa di un malessere. In modo inaspettato rispetto alla pubblicazioni delle famose lettere scritte alla detenuta, appare invece in aula Marita Comi, la moglie di Bossetti. Secondo il Quotidiano, il sorriso che si scambia la coppia subito dopo è solo per mettere a tacere le polemiche recenti. Il primo a parlare è stato Claudio Salvagni, in qualità di difensore di Massimo Bossetti, che ha sottolineato quanto il processo sia diventato altamente mediatico, particolare che contribuisce a diffondere “un’informazione malata, appiattita“. A questo punto del processo, date le prove a carico portate dall’accusa, l’unica linea che può intraprendere la difesa è andare a smontare qualsiasi ipotesi. Una scelta presa fin dall’inizio dell’arresto e che punta il dito anche contro il luogo effettivo in cui sarebbe stata uccisa Yara Gambirasio. Alcuni particolari secondo Salvagni potrebbero far intuire che Yara sia stata spostata dopo il delitto e che le siano anche stati messi degli abiti diversi da quelli che portava al momento dell’aggressione. Il particolare sarebbe dato dal fatto che il colletto della maglietta non era sporco di sangue, al contrario di quanto dovrebbe avvenire in presenza di una ferita al collo. Un altro punto su cui ha premuto l’altro difensore, l’avvocato Paolo Camporini, è la differenza di 12 minuti che intercorre fra l’avvistamento fatto dalle telecamere del furgone di Massimo Bossetti e l’uscita della vittima dalla palestra. “L’auto del testimone viene ripresa alle 18.48“, riferisce il legale, “diciamo che gli occorrono due minuti per raggiungere la palestra. Sono le 18:50. A quell’ora Bossetti è già a casa. Se abbiamo ragione noi il processo è finito. O vogliamo farlo su quel mezzo Dna?“.