Potrebbe essere la svolta tanto attesa nelle indagini relative all’uccisione di Lidia Macchi, la studentessa di Varese massacrata con 29 coltellate nel gennaio 1987. Come si sa il tribunale di Varese su richiesta dell’ufficio corpi del reato aveva distrutto tutti i reperti contenenti anche tracce di dna relativi all’autopsia della ragazza. Nonostante questo un mese fa il corpo di Lidia Macchi è stato riesumato nella speranza di trovare ancora qualche traccia, cosa che si reputa molto difficile dato le condizioni dei poveri resti. Ma adesso l’anatomopatologa Cristina Cattaneo ha fatto sapere che in realtà un vetrino contenente un lembo di imene della giovane esiste ancora, ed è conservato all’istituto legale di Pisa. In realtà quel lembo di pelle corrispondente a un setto di membrana mucosa che sovrasta o ricopre parzialmente l’esterno dell’apertura della vagina che era stato prelevato durante l’autopsia del 1987, era già stato esaminato nel 2015 ma senza risultati positivi. La dottoressa Cattaneo però vuole provare un nuovo sistema di indagine, cioè un sezionamento stratigrafico del piccolissimo lembo di pelle, tagliarlo cioè a strati per vedere se tra le cellule ci sia ancora una traccia di liquido seminale da cui estrapolare del dna. Come si sa infatti Lidia Macchi subì un rapporto sessuale prima di essere uccisa. Potrebbe essere questa l’unica speranza rimasta per individuare finalmente l’assassino.



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