Il mondo della comunicazione non solo è parte della mia vita professionale, ma mi affascina da sempre per le potenzialità, i mezzi che utilizza e per quanto sa innovare gli scenari. Così, qualche tempo fa, quando mi è capitato di essere invitata a un convegno, sono stata immediatamente attirata dal titolo: “Comunicare il silenzio”. Un incontro con Paolo Scotto di Castelbianco, responsabile per la comunicazione istituzionale del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza). 



Già il titolo, infatti, conteneva le contraddizioni di un mestiere che dovrebbe fare a pugni con il silenzio. Quello del comunicatore appunto. La felice intuizione degli organizzatori di quel meeting era proprio questa: far parlare una persona che, normalmente, per lavoro, deve tutelare le informazioni. In realtà, quello che è emerso con forza è, ancora una volta, la straordinaria importanza di poter avere gli strumenti per saper leggere la realtà e per essere poi in grado di interpretarla. “Il nostro lavoro — raccontava Paolo Scotto di Castelbianco — è lontanissimo dallo stereotipo cinematografico raccontato da James Bond con 007, tutto incentrato sull’azione ed eventi spettacolari. E l’informazione ha un ruolo importante, tanto che uno dei miei primi atti da quando ho assunto questo incarico è stato quello di lavorare molto sulla sezione del sito web www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/comunicazione  (dove è oggi possibile trovare notizie, video, articoli e documenti declassificati, ndr) con aggiornamenti costanti e continui”. 



Già, perché l’informazione è importante, fondamentale per chi deve garantire la sicurezza del Paese. Così importante da portare Castelbianco a chiedere di riflettere sulla “bravura” di chi si occupa della comunicazione di Isis e sulla necessità di fornire gli strumenti di lettura delle immagini. “Una parte del mio lavoro — ha infatti spiegato — è quella di aiutare i media a capire se le immagini che vengono messe in rete dai terroristi siano nuove o vecchie per evitare che vengano diffuse notizie false o generati allarmi immotivati, facendo il loro gioco”. 



In questo scenario, ovviamente, il ruolo del web è diventato fondamentale perché consente di viralizzare un messaggio (vero o falso che sia) in un tempo rapidissimo e con effetti impressionanti. “Personalmente — ha dichiarato sempre Castelbianco qualche tempo fa — ritengo che la minaccia cyber sia quella che richiede la massima attenzione, anche perché non è diffusamente percepita come un pericolo”. Ascoltando le sue parole e riflettendo su quanto ci stava raccontando, mi è venuto istintivo collegare questa conferenza con un interessante testo che avevo letto qualche tempo prima e che analizzava il modo di comunicare del presidente del Consiglio italiano. “Una cosa è comunicare, un’altra essere visibili — comincia il libro di Wanda Marra, Vendere un’idea —. Mentre governa l’Italia, Matteo Renzi scrive, elabora e affina il suo discorso sulla comunicazione. Porta avanti contemporaneamente pratica e teoria. Con parole d’ordine, ma riflette su modalità, stili e scelte”. 

Infatti si ricorda che in un intervento alla direzione del Pd del 16 febbraio 2015 Renzi dichiarava: “…nel nostro tempo la comunicazione ha assunto un ruolo talmente pervasivo ed efficace che diventa snob o velleitario dire ‘eh bè, noi ci occupiamo di contenuti, lasciamo perdere la comunicazione’. Purtroppo tutto, persino nella guerra terroristica è comunicazione”. E ancora: “Alcune milizie hanno voluto fare dell’Isis il loro punto di riferimento, perché affascinate dalla sua comunicazione”. Concetto ribadito da Lucia Annunziata nel corso del programma “In mezz’ora” del 22 febbraio: “Il tema Isis è molto delicato e serio. I terroristi vogliono farci cambiare il nostro modo di vivere. Non potendo ucciderci, vogliono farci vivere come dicono loro”. Di nuovo il premier il 7 giugno 2015 alla direzione del partito, parlando dell’Isis, ricorda: “I loro video sono paccottiglia ma con una straordinaria strategia di comunicazione. Nei loro attacchi scelgono luoghi simbolo della nostra cultura”. 

E allora torniamo al ruolo cruciale del comunicare. Sia con le parole che con le immagini. Pensiamo all’impatto che ha avuto a settembre del 2015 la foto di Aylan, il bambino di tre anni che ha perso la vita sulla spiaggia di Bodrum mentre cercava di arrivare a Kos e poi in Europa. Il suo dramma, così come le parole rivolte dalla ragazzina palestinese alla cancelliera Angela Merkel, hanno cambiato la percezione del tema immigrati e rifugiati in Europa. Oggi, in un contesto sempre più fortemente digitalizzato, il mondo dell’informazione è diventato, più di ieri, discriminante e determinante per la creazione degli equilibri politici, ma anche per saper leggere la realtà. Sta a noi rendercene conto e, da qualunque parte stiamo (quella di chi fa informazione o quella di chi la utilizza) provare a essere consapevoli e attenti. Sia quando comunichiamo il silenzio che quando interpretiamo i fatti.