A conclsuione dell’udienza di ieri del processo a Massimo Bossetti, unico imputato accusato della morte della povera Yara Gambirasio, si è assistito ad uno scambio di battute per certi versi drammatico tra il carpentiere di Mapello e il suo legale Fabio Camporini. Quest’ultimo, come riportato da Bergamo News, si è rivolto direttamente a Bossetti, indirizzandogli un accorato appello:”Mi rivolgo a te Massimo perché ti ho conosciuto, ti ho ascoltato, ti ho studiato e mi sono convinto della tua innocenza. Oggi io sono la tua voce: sia fatta giustizia, non sia condannato un innocente. Non confessare solo perché loro ti hanno chiesto di farlo”. Pronta la replica di Bossetti dinanzi al giudice Bertoja:”Mai e poi mai”. Dovrà essere l’accusa, dunque, a mettere con le spalle al muro Massimo Giuseppe Bossetti: l’unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio non ha alcuna intenzione di confessare.
Si è svolta ieri un’altra importantissima udienza del processo a Massimo Bossetti, nell’ambito dell’inchiesta sulla morte della povera Yara Gambirasio. Ancora poche tappe prima della sentenza di primo grado attesa per le prossime settimane e in merito alla quale il pm Letizia Ruggeri ha avanzato la pena massima dell’ergastolo a carico dell’unico imputato, il carpentiere di Mapello. Intanto, la parola ieri è tornata alla difesa che ha avuto modo di sferrare l’ultimo colpo terminando così la lunga arringa già iniziata nell’udienza dello scorso 27 maggio. Gli avvocati di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, hanno puntato tutto sugli indizi a carico del loro assistito commentando, come riporta L’Eco di Bergamo: “Le evidenze oggettive non possono che portare ad assolverlo”. A detta della difesa di Massimo Bossetti, infatti, gli indizi finora raccolti non sarebbero gravi. “Qui l’unico indizio grave, se vogliamo definirlo tale, è il Dna, ma non è preciso. La Cassazione ha stabilito che il Dna è una prova solo quando è perfetto, senza dubbi né anomalie”, hanno commentato in merito. Proprio il Dna, la “prova regina” secondo l’accusa, è stato nuovamente messo sotto accusa nel corso dell’arringa finale, evidenziandone tutte le presunte anomalie. E’ stato l’avvocato Salvagni a ribadire come proprio le anomalie risultanti dal Dna andrebbero ad inficiare il risultato finale, a partire dal “kit scaduto” che sarebbe stato utilizzato e che sarebbe per tale ragione “da cestinare”. “Sono state rispettate le regole? Io credo di no”, è giunto alla conclusione Salvagni che ha parlato di “Dna contaminato” e di dieci profili genetici differenti rinvenuti sul corpo di Yara Gambirasio. La questione Dna, divenuta centrale nel corso di un processo lungo oltre 40 udienze, ha riguardato gran parte dell’udienza di ieri nella quale la difesa non ha risparmiato parole dure, fino ad asserire, come riporta il quotidiano locale nella sua versione online: “Siamo stati presi in giro sul Dna: le anomalie sono evidenti e nessuno ha però mai detto che si è sbagliato”.