L’ultima udienza dello scorso venerdì relativamente al processo che vede alla sbarra Massimo Bossetti, accusato del delitto di Yara Gambirasio, fa ancora molto discutere. La difesa del muratore di Mapello, formata dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, ha affrontato tutti i punti salienti suddividendo l’arringa finale in due appuntamenti e cercando di ribaltare fino all’ultimo il castello accusatorio in base al quale il pm Ruggeri avrebbero costruito la sua richiesta di ergastolo. Una parentesi a parte è stata rappresentata dal Dna – secondo l’accusa la “prova regina” a carico del muratore Massimo Bossetti – e che secondo la difesa sarebbe totalmente da cestinare anche alla luce delle numerose anomalie rese note dall’avvocato Salvagni, a partire dal kit utilizzato e che sarebbe poi risultato scaduto. Tra quelli che sono stati definiti “colpi bassi” dalla difesa del presunto killer di Yara Gambirasio, oltre al furgone sarebbero state affrontate anche le lettere che Massimo Bossetti avrebbe inviato a Gina, una detenuta del carcere femminile di Bergamo. “Scabrose” secondo certa stampa che per Salvagni ne avrebbe fatto un “uso strumentale” mettendo in luce solo i passaggi più pruriginosi a scapito del suo assistito. Se l’accusa ha evidenziato i gusti sessuali del presunto assassino della tredicenne di Brembate, la difesa ha puntato sul pensiero che Massimo Bossettii avrebbe rivolto alla povera Yara Gambirasio, come riporta FanPage.it: “Odio tutto quello che le hanno fatto, se sapessi chi fossero gli farei pagare quello che hanno fatto a una bambina innocente”. Sarebbe solo uno dei passaggi evidenziati dalla difesa dell’unico imputato a processo in merito alle lettere indirizzate a Gina nelle quali, secondo Salvagni, emergerebbero anche “pensieri di disperazione, di rabbia” scritti da un padre di famiglia. A detta dei suoi avvocati, dunque, l’amore per la famiglia di Massimo Bossetti e il pensiero per la vittima che sarebbe emerso dalle numerose missive, sarebbe un segno evidente della “sua natura assolutamente non violenta”.