E’ una grande sfida. Pensare “out of the box”, come dicono gli americani, fuori dagli schemi prefabbricati, è sempre la sfida più grande.
Il suicidio è materia che scotta. Per questa ragione si presta ad essere materiale propagandistico. Sembra controintuitivo e paradossale, ma così è, a ben vedere. Non a caso il sociologo Durkheim l’ha messo in correlazione diretta con l’anomia, ossia con l’assenza della solidarietà sociale nelle società moderne. Perché la correlazione è così vaga che la puoi applicare al caso di Antonio Bedin, il pensionato di Montebello Vicentino che si è sparato e che aveva visto andare in fumo i suoi risparmi presso la Popolare di Vicenza, e puoi azzeccarla, perché l’uomo si sentiva solo. Ma puoi anche applicarla a tutti gli altri suicidi nell’orbe terraqueo, dal Veneto al Burkina Faso. Dopodiché, hai costruito una bella strategia della rassicurazione, mantenendo a debita distanza l’oggetto che scotta, il feticcio in un certo senso sacro e certamente terribile, ma non hai spiegato niente.
Se allarghi il contesto e ti poni davanti al suicidio di quest’uomo, al di là della pietas, che sarebbe l’unica cifra umana accettabile, puoi anche fare operazioni più ardite e altrettanto inutili: generalizzi alla grande, espandi il contesto a dismisura, e peschi quello che vuoi.
Tradotto in volgare: fai l’agit prop, ma per far questo basta il bar o anche uno studio televisivo, spesso non molto meglio del bar. Io faccio un altro mestiere e al bar ci vado per fare altro, per giunta non frequento studi televisivi, quindi ciò che farò sarà uscire fuori da questa spirale che molti analisti e strateghi della comunicazione (anche psicopatologicamente insana) hanno definito “il potere del contesto”. Il magico “Frame”, la cornice: la crei, prendendo tutti i dati oggettivi che avrai cura di trascegliere accuratamente, la spari nel mondo e poi aspetti che i frammenti di morte pendenti da questa macchina balzino come la tigre di fronte al pericolo.
Ancora più nel dettaglio: il pensionato aveva perso molti soldi, i suoi risparmi, investendo in spazzatura finanziaria o quello che è, sarà e soprattutto sarà dimostrato, ma rimane il fatto, testardo, che il suo suicidio, così, non lo spieghi. Puoi correlarlo con quello che vuoi, dall’anomia alle perfide banche, ma perché un uomo prenda la sua pistola, detenuta regolarmente (quanto gusto dei particolari in queste cronache, anche questo…), e si spari un colpo alla testa, scrivendo prima un biglietto-urlo — “Non ce la faccio più” —, non lo spiegherai mai con nessuna di queste macchine retorico-propagandistiche. Anzi, buttando tutto in caciara, si perde anche il filo reale della vicenda. Perché il pensionato aveva anche altri risparmi e non si trattava di spiccioli, quindi tutto deve tornare per chi voglia a tutti i costi elevare il totem, ma di mezzo c’è anche il tabù. E questo tabù si chiama libertà che sceglie di chiudere i conti con la vita, anziché di resistere e andare avanti.
Vegas se ne andrà? E cosa cambia? Le banche sono il cuore di un sistema malato, che ha fatto dei soggetti produttivi e dotati di risparmio di molti territori italiani la leva per operazioni miste che vanno dall’uso dei conti correnti come grasso che fa scivolare la mano in Borsa a copertura di debiti non regolarmente dichiarabili. E’ un asset malato che data tardi anni 90 del secolo scorso e in America ha visto Bill Clinton sponsorizzare la dilatazione dei mutui subprime alle classi svantaggiate, i neri poveri e utili alle nuove corse elettorali, per intendersi; scandalizzarsi di ciò oggi equivale a scandalizzarsi della presenza della violenza nelle strade di Napoli o di Palermo. Molto ci vorrà perché questo mix di bancocentrismo e parassitismo burocratico, che oltrepassa il cinismo, venga debellato, se mai quest’opera venga mai del tutto realizzata, e nel frattempo molte teste coronate del sistema di vigilanza, più o meno distratta, potranno cadere, ma la questione rimarrà in piedi.
Non rimarrà in piedi, ecco la differenza specifica, come un punto a cui guardare per riformare il sistema creditizio e bancario in genere, ma come la censura di ciò che può causare la decisione tragica di porre fine alla propria vita. Da questo punto non si esce con le denunce o con le grida strozzate in gola. C’è dell’altro — davvero a/Altro da considerare — e i conti non torneranno mai.
“Troppa luce abbaglia”, scrive Pascal nel famoso frammento 458 dei suoi Pensieri. Luce di neon da caserma o di primo sole mattutino, sempre troppa e troppo orientata sulla faccia. Un colpo di pistola segnala, con la sua esplosione imprevista, un altro orizzonte. E, piaccia o non piaccia, non c’è capro espiatorio o dimissione forzata che possa attutire il suo impatto.