La morte di Gabriele Cagliari sarà al centro della nuova puntata de “Il Labirinto – Storie di ordinaria in-giustizia”, il nuovo programma della seconda serata di Rete 4 condotto da Carmelo Abbate ed in onda stasera 2 giugno. Il caso di Gabriele Cagliari fu destinato a fare molto scalpore nei primi anni ’90, mettendo in discussione l’uso della custodia cautelare come strumento adottato dalla magistratura. Cagliari fu nominato presidente dell’ENI nel 1989 su indicazione del PSI e morì suicida in carcere quattro anni dopo sebbene la sua morte fu intrisa di alcuni aspetti che restano ancora oggi un mistero. Siamo negli anni di Tangentopoli quando la Procura di Milano richiese l’arresto di Gabriele Cagliari con l’accusa di aver autorizzato il pagamento di tangenti in favore di una commessa alla Nuovo Pignone, società del gruppo del quale era presidente. Sebbene fosse stato definito una persona perbene da tutti e lontano dalle accuse che gli furono mosse, gli inquirenti milanesi furono convinti del contrario. Cagliari rimase rinchiuso in una cella di San Vittore e trattenuto nella condizione di carcerazione preventiva per quattro mesi prima di quel 20 luglio 1993, quando fu trovato senza vita nelle docce del carcere. Secondo la ricostruzione dei fatti il presidente dell’Eni si sarebbe ucciso soffocandosi con un sacchetto di plastica e il suo suicidio sarebbe stato preannunciato da una lettera scritta alla famiglia circa due settimane prima nella quale giustificava il gesto puntando il dito contro i magistrati e dando l’addio a tutti. La versione fornita dagli inquirenti, tuttavia, portò con sé una serie di polemiche ma soprattutto dubbi sulle reali dinamiche della morte di Gabriele Cagliari. Il suo gesto di estrema disperazione, seppur comprensibile, fu seguito da una serie di circostanze poco chiare, a partire dai risultati dell’autopsia che sottolineò come sul suo corpo ci fossero contusioni difficilmente riconducibili alla dinamica del suicidio. Secondo quanto riferito da alcuni testimoni (tra agenti penitenziari e altri detenuti del medesimo carcere), inoltre, pare che il sacchetto utilizzato da Cagliari per togliersi la vita fosse ancora gonfio al momento del suo ritrovamento. A destare ulteriori dubbi, infine, anche la stessa lettera inviata ai parenti e che giustificava il suicidio. A distanza di quasi 23 anni, dunque, la sua morte ancora non convince del tutto, riaccendendo il dibattito su un caso di “in-giustizia” che all’epoca destò molto clamore.