“I 47.740 migranti arrivati in Italia dall’inizio del 2016 non sono numeri così elevati in confronto ai profughi ospitati da altri Paesi come Libano e Turchia. Il problema è organizzare bene l’accoglienza. Non ha senso fare delle concentrazioni assurde come al Cara di Mineo, dove ci sono 4mila persone”. Lo afferma monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, in prima fila nell’affrontare il problema immigrazione. Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, è intervenuto sulla proposta del governo italiano che aveva parlato di hotspot in mare per l’identificazione dei profughi. Per il vescovo, “l’hotspot è una riedizione in brutta copia dei luoghi di trattenimento di persone. Sulle navi questo percorso di protezione internazionale non è possibile”. Ieri è arrivata però la replica del ministro dell’Interno, Angelino Alfano: “Noi siamo campioni del mondo di umanità e di accoglienza. Capisco le parole di monsignor Galantino che fa il vescovo, io però faccio il ministro dell’ Interno ed ho il dovere di far rispettare le leggi: abbiamo un grande cuore ma non possiamo accogliere tutti”.
Monsignor Pennisi, qual è il senso dell’intervento del segretario Galantino sugli hotspot in mare?
Se gli hotspot in mare servono per identificare le persone e offrire loro una prima assistenza, in modo poi da sbarcarle e destinarle, questo è un fatto positivo. Se invece dovessero essere delle isole galleggianti nel Mediterraneo dove i migranti rimangono indefinitamente, questa è una cosa che non va. E’ questo il senso dell’intervista a monsignor Galantino.
Quindi la questione è quale sia la finalità degli hotspot?
Esattamente. Un conto è se si tratta di una cosa provvisoria, nel senso che i migranti sono identificati in mare, ricevono le prime cure e poi una volta che si conosce lo status e la tipologia di queste persone le si destina non solamente in Italia, ma anche negli altri Paesi dove potrebbero andare. L’importante è che non si creino delle isole galleggianti nel Mediterraneo, dove le persone rimangono per settimane.
Lei come si spiega la risposta del ministro Alfano, che ha detto: “Non possiamo accogliere tutti”?
Le autorità hanno il dovere di fare le prime identificazioni. Poi le persone che sono in mare vanno accolte e accompagnate non soltanto in Italia, ma anche in quei Paesi che mettono le navi a disposizione, e che poi ipocritamente si lavano la coscienza perché non vogliono accogliere i migranti. Bisogna cambiare gli accordi di Dublino, e ogni Stato deve farsi carico di questo. Dopo di che per affrontare il problema alla radice, nei Paesi con i quali è possibile fare degli accordi bisognerebbe organizzare dei corridoi umanitari. I migranti dovrebbero poterne usufruire, pagando molto di meno di quanto pagano agli scafisti. In confronto a Turchia e Libano, non è che l’Italia stia scoppiando per l’arrivo dei migranti.
Nel 2015 in Italia sono arrivati 103mila migranti, dall’inizio del 2016 ben 47.740. Vuole dire che in fondo non sono così tanti?
No, il problema è quello di organizzare bene l’accoglienza. Io ho incontrato alcuni di questi migranti, e queste persone vorrebbero fare anche i lavori socialmente utili. Quello che non va bene è tenere queste persone soltanto a oziare in centri nei quali sono accolti molte volte più per l’interesse di chi li gestisce che non per valorizzare i profughi. Non ha senso fare delle concentrazioni assurde come il Cara di Mineo, dove ci sono 4mila persone. I migranti andrebbero spalmati su tutto il territorio nazionale, in collaborazione anche con parrocchie e associazioni di volontariato. In questo modo il problema potrebbe essere risolto.
(Pietro Vernizzi)