Tra dieci giorni si concluderà il processo di primo grado a carico di Massimo Bossetti, il carpentiere di Mapello unico imputato in merito alla morte della tredicenne Yara Gambirasio. La sentenza ufficiale sarà emessa il prossimo primo luglio in assenza di telecamere e riprese tv ma solo registrazioni audio. A margine della passata udienza dello scorso venerdì, la difesa di Massimo Bossetti ha commentato quanto avvenuto in aula. L’avvocato Paolo Camporini, a LaPresse ha dichiarato: “Sugli argomenti cardine di questo processo si accorgeranno delle anomalie, dei dubbi, torneranno sugli atti con le stesse anomalie e gli stessi dubbi. La procura fa il suo lavoro, non ci sarebbe processo senza dialettica”. Il presunto assassino di Yara Gambirasio, a detta dell’avvocato Camporini sarebbe “ottimista”. “E’ convinto che verrà provata la sua innocenza. Se non dovesse essere così andiamo avanti”, ha poi confermato il legale che insieme a Claudio Salvagni rappresenta la difesa dell’unico imputato a processo per la morte di Yara Gambirasio.



L’attesa in vista della sentenza a carico di Massimo Bossetti, presunto assassino di Yara Gambirasio, si fa sempre più sentire. Dopo la replica e la controreplica delle varie parti dello scorso lunedì, dunque, l’attenzione è tutta rivolta alla giornata del prossimo primo luglio, quando la Corte leggerà il verdetto. In quell’occasione, come chiesto ed ottenuto dal pm Letizia Ruggeri, non ci saranno telecamere pronte a riprendere un momento importante nella storia giudiziaria italiana ma solo registrazioni audio. Lo stesso pm – che ha avanzato la richiesta di ergastolo a carico di Massimo Bossetti – ha giustificato ciò parlando di “clima avvelenato” che avrebbe caratterizzato l’intero processo, comprese le ultime battute. E’ quanto emerso nel corso della passata udienza prima della sentenza durante la quale si è evidenziata ancora una volta la guerra in atto tra accusa e difesa mirata sempre a contestare l’unico punto che andrebbe realmente ad incastrare Bossetti come il presunto killer di Yara Gambirasio, ovvero il Dna.



Si attende con ansia la sentenza del prossimo 1 luglio a carico di Massimo Bossetti, l’unica persona a processo per la morte di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata senza vita solo tre mesi dopo. La data del prossimo primo luglio segnerà anche la 45esima udienza del lungo processo che ha visto una guerra aperta tra accusa e difesa. Un numero piuttosto ampio ma che, come sottolinea il giornalista Vittorio Attanà su L’Eco di Bergamo, non ha portato a mutare di molto la situazione pre-dibattimento. Nel corso dell’ultimo anno si sono consumati i confronti tra accusa e difesa, i quali si sono dipanati sempre sui medesimi elementi, prove ed indizi a carico di Massimo Bossetti. Come sottolinea il giornalista, contro Massimo Bossetti ci sarebbero diversi “indizi satellite”: dal video che ritrarrebbe quello che secondo l’accusa sarebbe il furgone Iveco Daily del muratore e presunto killer di Yara Gambirasio, ai dati delle celle telefoniche che collocherebbero Massimo Bossetti nei luoghi di interesse. E poi ancora, le fibre tessili ritrovate sul corpo di Yara e compatibili con i sedili del furgone, le microsfere in metallo tipiche dell’edilizia. Eppure, il processo è ruotato anche attorno ad alcune assenze importanti, a partire dal movente e dall’arma del delitto, così come le dinamiche del prelevamento della tredicenne di Brembate e della sua aggressione. Nessun testimone in particolare, inoltre, avrebbe mutato di molto l’intero quadro nel corso di un processo che, sebbene sia stato caratterizzato da 45 udienze (compresa quella del prossimo primo luglio), non ha avuto grandi sorprese o colpi di scena clamorosi. La “prova regina” del Dna l’ha fatta da padrona, ma anche in questo caso le contestazioni reciproche tra accusa e difesa nell’ultimo anno sono sempre state le medesime. Da una parte la certezza che si tratti di un Dna “di ottima qualità” e appartenente “sicuramente a Massimo Bossetti“. Dall’altra, la contestazione sulla mancanza del Dna mitocondriale, “un’anomalia che non esiste in natura”. In merito alle richieste della difesa di Massimo Bossetti bocciate dalla Corte, il giornalista de L’Eco di Bergamo ha commentato: “Sarebbe potuto accadere qualcosa se la Corte d’Assise avesse concesso la super-perizia sul Dna, invocata dai difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini. Non lo ha fatto. Questo significa che il processo, senz’altro, a una cosa è servito: a stabilire che non era necessario fare altri test”. Alla Corte, dunque, l’arduo compito di rivelare quale sarà la verità processuale sul delitto di Yara Gambirasio, la quale sarà resa nota solo nelle prossime settimane.

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