Oggi, 20 giugno 2016, si è svolto alle ore 10 il Concistoro ordinario pubblico tenuto da papa Francesco nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano. Il pontefice ha provveduto a celebrare l’Ora Terza di fronte ai cardinali presenti, e poi a tenere la riunione del concistoro per le cause di canonizzazione dei seguenti Beati: Salomone Leclercq, Manuel González García, Lodovico Pavoni, Alfonso Maria Fusco e Elisabetta della Santissima Trinità. Il pontefice, prima di procedere alla canonizzazione, ha ricordato brevemente le biografie di tutti questi beati, nuovi testimoni e personaggi cristiani che Bergoglio ha voluto rendere esempio ufficiale per tutta la Chiesa rendendoli santi dopo un lungo processo di canonizzazione.



Salomone Leclercq fu un Lasalliano facente parte dell’Istituto delle Scuole Cristiane. Dopo il colpo di stato francese del 1789, i rivoluzionari avevano in odio la religione cattolica e costringevano i religiosi a giurare la fedeltà alla Costituzione sotto minaccia di morte. Salomone, nato il 15 novembre 1745, fu il primo Lasalliano a rifiutarsi di giurare, e quindi a subire martirio. Prima di essere catturato dai rivoluzionari aveva vagato per Parigi sotto mentite spoglie, ma nel 1792 venne catturato assieme ad altri fratelli e detenuto. Dopo qualche giorno venne massacrato a colpi di spada, per aver ancora una volta professato la propria fede. Attualmente viene festeggiato il 2 settembre, anniversario della morte.



Manuel González García è noto come “il vescovo dei tabernacoli abbandonati”. Nato a Siviglia il 25 febbraio 1877, a partire dagli anni ’20 del Novecento fu Vescovo di Malaga. Soprattutto negli anni ’30, durante la Guerra Civile spagnola, si dedicò all’assistenza dei poveri presso la sua diocesi, e si consegnò più volte ai Rivoluzionari, che però lo rilasciarono sempre. Morì a Madrid nel 1940, dopo aver rinunciato 5 anni prima al ruolo diocesano per essere un pastore itinerante. La sua beatificazione avvenne nel 2001, per intercessione di Giovanni Paolo II. Il suo soprannome è dovuto al fatto che si prodigava immensamente per la salvaguardia e per il restauro dei tabernacoli raffiguranti icone Mariane, lasciati incustoditi o devastati dalla violenza della guerra.



Il terzo santo che è stato proclamato e che diventerà effettivamente tale ad ottobre è Lodovico Pavoni nacque a Brescia nel 1784, e la sua ricorrenza viene celebrata il 1 aprile, giorno della sua morte, avvenuta nel 1849. Pavoni è ricordato soprattutto per aver costruito proprio a Brescia un modello di scuola professionale altamente moderno, simile agli istituti tecnici che ci sono oggi, che somigliava un po’ ad un avviamento al lavoro. Questo permise a molti ragazzi di allontanarsi dalla strada, e di imparare un mestiere qualificato. Nel 1849 la sua morte fu eroica, poiché cadde mentre cercava di salvare i suoi ragazzi dai rastrellamenti avvenuti durante le Cinque Giornate di Brescia, nell’ambito dei Moti Rivoluzionari del nord Italia.

Alfonso Maria Fusco trascorse la gran parte della sua esistenza ad Angri, vicino Salerno, suo paesino natale e luogo della sua morte. Entrato in seminario giovanissimo, Fusco vide la sua vita cambiare radicalmente dopo l’incontro con Maddalena Caputo ed altre tre giovinette che intendevano dedicarsi alla vita nel Signore. Come nel rapporto tra San Francesco e Santa Chiara, Maddalena e Alfonso procedettero insieme, e quest’ultimo si dedicò alla fondazione di un nuovo ordine che potesse accogliere le esigenze di preghiera sue e della sua amica: questo ordine prese il nome di Congregazione delle Suore Battistine del Nazareno. Quest’Istituto superò enormi difficoltà, tra le quali anche un’accusa ingiusta da parte del Vescovo di Salerno per screditare la figura di Alfonso e quella di Maddalena (nel frattempo divenuta Suor Crocifissa) e spingerlo alle dimissioni. La Chiesa lo considera un eroe per la sua tenacia ed il suo amore per la Divina Provvidenza, e ne celebra la ricorrenza il giorno 6 febbraio, data della sua morte.

Elisabetta della Santissima Trinità, al secolo Elisabetta Catez, fu una carmelitana francese dal carattere estremamente autoritario, volitivo e ribelle, che volle a tutti i costi vincere e piegare sé stessa per il grande amore verso Cristo che sentiva di provare. La mamma osteggiò fortemente la sua vocazione, poiché era vedova e temeva di perdere l’unico sostentamento economico che solo un buon matrimonio per sua figlia avrebbe potuto garantire, ma Elisabetta fu inamovibile e volle consacrarsi a Dio. Durante la sua grave ed irreversibile malattia non perse mai la speranza ed il sorriso, e riuscì persino ad accantonare le tentazioni di suicidio che la sofferenza le dava. Morì il 9 novembre 1906, e proprio il 9 novembre la Chiesa la ricorda.