Nella seconda serata odierna andrà in onda una nuova puntata della trasmissione “Il Labirinto – Storie di ordinaria in-giustizia”. Protagonisti del programma condotto su Rete 4 da Carmelo Abbate saranno Marcello Dell’Utri e Bruno Contrada, rispettivamente ex senatore e dirigente d’azienda e un l’ex funzionario del Sisde oltre che ex super poliziotto. Cosa accomuna i due casi al centro della trasmissione di Rete 4? Entrambi sono accomunati dal medesimo reato dalla natura piuttosto controversa, ovvero il concorso esterno in associazione mafiosa. Si tratta di un reato non scritto dal codice penale ma frutto di una consuetudine normativa del 1994. Si tratta di fatto di un “reato fantasma”, una sorta di ibrido tra il 416 bis e l’articolo 110. All’età di 75 anni il siciliano Marcello Dell’Utri è attualmente in carcere a Rebibbia (dopo essere stato trasferito da quello di Parma), nel quale sta scontando la condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, confermata dalla Cassazione nel 2014. Le indagini a carico dell’ex senatore Pdl furono aperte nel 1994 dalla Procura di Palermo ma sfociarono solo due anni dopo nel rinvio a giudizio. Il primo processo durò sette anni e si concluse nel 2004 con la condanna a carico di Dell’Utri a nove anni di reclusione e due di libertà vigilata per il medesimo controverso reato. Secondo il pg Galasso, “Per diciotto anni, dal 1974 al 1992, Marcello Dell’Utri è stato garante dell’accordo tra Berlusconi e Cosa nostra”. Nel corso del processo in secondo grado, conclusosi dopo due mesi, nel giugno 2010, la Corte d’Appello aveva ridotto a sette gli anni di reclusione. In quell’occasione i giudici avevano ritenuto provati i rapporti tra l’ex senatore e la mafia fino al 1992, assolvendolo per i fatti successivi. Nel marzo 2012 la Cassazione annullò solo in parte la sentenza di Appello, pur confermando l’assoluzione per le accuse dopo il 1992 ma ritenendo opportuno disporre un processo d’appello-bis conclusosi con la rinnovata richiesta della pena di sette anni, confermata nel 2013. “Ricorreremo alla Corte Europea di Strasburgo per verificare se questo procedimento ha camminato nei giusti binari”, aveva commentato all’epoca dei fatti l’avvocato di Dell’Utri che fino a pochi mesi fa è stato vittima di nuovi problemi di salute legati al cuore e che lo hanno obbligato al ricovero d’urgenza. Alquanto controversa anche la storia di Bruno Contrada, oggi 85enne, anche lui condannato per concorso esterno in associazione mafiosa su cui nell’aprile dello scorso anno si è pronunciata la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, per la quale “non doveva essere condannato”. La Corte europea si è pronunciata per la seconda volta sul caso di Bruno Contrada, dopo la condanna all’Italia avvenuta nel 2014 in quanto all’ex funzionario non furono concessi i domiciliari alla luce delle sue condizioni di salute. La condanna inflitta all’ex poliziotto, dopo numerosi processi, fu pari a 10 anni di reclusione. Tornato in libertà nel 2012, Contrada continuò comunque a lottare per avere giustizia e già allora si rivolse alla Corte di Strasburgo contestando aspramente l’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani. Alla fine, solo lo scorso anno è arrivata la conferma che Contrada aveva ragione: non doveva essere condannato in quanto il reato che gli fu contestato era poco chiaro e non dovevano essere presi in esame i fatti successivi al 1994. Una sentenza, questa, che per certi aspetti può valere anche per il primo protagonista de “Il Labirinto”. Nel caso di Contrada, come riportava Il Post in un articolo datato 15 aprile 2015, lo Stato Italiano dovrà versare 10 mila euro per danni morali, sebbene Contrada ne avesse chiesti 80 mila.



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