La storia di Enzo Tortora chiuderà il ciclo di puntate del programma “Il Labirinto – Storie di ordinaria in-giustizia”, in onda nella seconda serata di oggi su Rete 4 e condotto dal giornalista Carmelo Abbate. Enzo Tortora fu uno dei più popolari conduttori televisivi degli Anni ’60 e ’70, la cui carriera fu tuttavia costellata da alcuni clamorosi allontanamenti dalla Rai. Alla sua attività televisiva affiancò anche quella giornalistica per poi fare ritorno sul piccolo schermo verso la fine degli Anni ’70 e fino al 1983. E’ questo l’anno che segna il punto di inizio di uno dei casi di malagiustizia più celebri nel nostro Paese. Il 17 giugno di 33 anni fa, prima che il sole sorgesse, i Carabinieri bussarono alla pota della stanza di albergo nella quale si trovava il volto di Portobello arrestandolo con le accuse di traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico. Fu quello l’inizio dell’incubo per il celebre conduttore, accusato di gravissimi reati sulla base di accuse infondate provenienti da alcuni soggetti legati alla criminalità organizzata. Furono inizialmente 13 le false testimonianze che portarono a trasformare lo stimato presentatore in uno spacciatore di droga e delinquente. Accuse tutte infondate ma che sembravano reggere sulla base di un clamoroso errore nella lettura di un nome ritrovato su una agendina in casa di un camorrista, simile a quello di Tortora. Né il nome né il numero telefonico ad esso connesso, in realtà, appartenevano al popolare personaggio televisivo. Da un punto di vista mediatico, l’arresto di Enzo Tortora ebbe un fortissimo impatto. La sua foto in manette fece il giro del mondo e fu lo stesso Grasso ad evidenziare come le reti Rai mandassero in onda “ininterrottamente e senza pietà le immagini del conduttore ammanettato”. Da quel momento uscirono numerosi falsi scoop che proseguirono per molti mesi. Nel settembre 1985 fu condannato a 10 anni di reclusione per le accuse di altri pentiti per essere assolto solo un anno dopo dalla Corte d’Appello di Napoli dopo sette mesi di carcere e arresti domiciliari. I giudici stabilirono che gli accusatori camorristi, avevano agito nel tentativo di ottenere una riduzione di pena. In altri casi, agirono per il solo scopo di trarne pubblicità. A quattro anni dal suo arresto ottenne l’assoluzione anche dalla Corte di Cassazione. Enzo Tortora morì ad un anno dalla sua assoluzione, dopo un lungo calvario umano e giudiziario per il quale nessuno pagò mai. Dopo trent’anni, nel 2014, come riporta RaiNews.it, il magistrato Diego Marmo che accusò Enzo Tortora di essere colluso con la camorra, rivolse le sue scuse alla famiglia: “Dopo trent’anni è arrivato il momento. Mi sono portato dietro questo tormento troppo a lungo. Chiedo scusa alla famiglia di Enzo Tortora per quello che ho fatto”. Fu lui a definirlo “un cinico mercante di morte”, appellativo che ancora oggi resta tristemente nella memoria di molti.