I bollettini di guerra erano quei fogli appesi sul muro rimasto in piedi dopo le bombe, era dove si scrivevano le notizie di guerra. Non erano mai buone notizie perché erano elenchi di caduti al fronte. L’altro ieri mattina — ma anche pochi giorni fa, ma anche un mese e un anno fa —, i nostri quotidiani sembravano bollettini di guerra. Una guerra strana, di genere, perché a morire sono le donne. Di ogni età, razza, condizione, cultura. Il luogo è la casa, la strada, la scuola, i giardini pubblici, le spiagge deserte. L’ora è ininfluente perché si muore sia di giorno che di notte. A volte sono imboscate, a volte si muore su appuntamento. Sono Sara Di Pietrantonio, bruciata viva dall’ex-fidanzato; una donna incinta, a Bologna, avvelenata con la soda caustica; per un volo perso da Siviglia all’Italia, una donna di 32 anni è strangolata dal marito; una stilista trovata impiccata, ma era impiccata coi piedi per terra e il fidanzato negli ultimi mesi l’aveva mandata parecchie volte al pronto soccorso; un uomo di 58 anni che accoltella gravemente la moglie. E, purtroppo, potrei continuare con i giovanissimi  stalker e picchiatori, poco meno che diciottenni, ma già capaci di vessare sia l’ex fidanzata che i genitori. 



Poi, poi, poi, ci sono le fiaccolate. Per Sara e per tutte le vittime. Ci sono i drappi rossi da appendere oggi alle finestre. Si tratta di femminicidio, quello di cui parla il Papa in Amoris Laetitia. Avremmo voluto fermarci a petaloso, il neologismo che fa sorridere di un bambino e di una maestra molto attenta. Invece esiste anche “femminicidio”, un neologismo rosso come i drappi appesi alle finestre.



Una mamma mi raccontava che se dici no, oggi, ad un bambino — “no, non ti compro il gioco che chiedi” — lui rimane calmo perché dice “va bene mamma me lo compri a Natale”. Il “no” non esiste più, è solo una pausa tra un sì e un altro sì. E se i sì non arrivano? Se un no rimane no? Perché i no nella vita vera esistono. No, non torno con te; no, io non ti ho tradito mai ma io con te non rimango. Se un no rimane no, l’uomo che è rimasto un bambino viziato, che cosa fa? 

Esistono letture psicologiche e sociologiche e culturali da fare, ma davvero ci serve lo psichiatra per riuscire a gestire un rifiuto, la fine di una storia, l’inizio di un nuovo amore, l’abbandono? Come mai tanti maschi davanti a un no, perdono la testa? Amare è donare la propria vita, non prendersi la vita di un altro.



L’etichetta con il tuo nome la metti sulla porta della casa dove vai a vivere insieme a lei, la metti sul citofono, non sulla pelle della tua donna. Leggevo che la dipendenza da youporn da parte dei ragazzi aiuta a fare delle donne un oggetto su uno schermo: puoi schiacciare stop e poi start. E lei si ferma e poi riparte. Spegni e accendi. Guardi e godi. Sarà questo il modello sotteso a tanta violenza? Lo sguardo degli amanti ha riempito le pagine più belle della poesia e della letteratura, dov’ è ora quello sguardo? È davanti ad uno schermo? Dal contemplare l’amore sul viso della propria donna, si è passati alla contemplazione attonita delle proprie mani insanguinate davanti al cadavere della propria donna? Se è così, abbiamo sbagliato qualcosa. Qualcosa di grosso.