Il processo a carico di Massimo Bossetti, ritenuto il presunto assassino di Yara Gambirasio, dopo due anni dal suo arresto starebbe per concludersi e non si escludono importanti colpi di scena. Intanto, la difesa si prepara a giocarsi le ultime carte in occasione della prossima udienza che andrà si svolgerà presso il Tribunale di Bergamo venerdì 10 giugno. Ad incastrare Bossetti, tuttavia, ci sarebbe un elemento chiave sostenuto dalla difesa, oltre alla “prova regina” del Dna. Secondo quanto riportato da Il Giornale, potrebbe essere un ciuffo d’erba ritrovato il giorno del rinvenimento del corpo di Yara Gambirasio e che la tredicenne stringeva tra le mani poco prima della morte. A confermarlo sarebbero le foto della polizia sul cadavere. Secondo gli inquirenti e l’accusa, la ragazzina sarebbe stata uccisa nel medesimo luogo in cui è stata ritrovata tre mesi dopo, abbandonata e morta a causa delle ferite e del freddo. La difesa di Bossetti, contrariamente, è convinta che Yara sia stata uccisa altrove e poi spostata solo in un secondo momento nel campo di Chignolo. “L’erba che la ragazza stringeva tra le dita è la stessa presente nel campo di Chignolo d’Isola. Yara è stata uccisa lì, lo confermano altre prove effettuate sulla vegetazione e sugli insetti trovati sul corpo”, avrebbe però insistito l’anatomopatologa che effettuò l’autopsia sul corpo della ragazzina. Sarà questo particolare a far cadere l’intera difesa del muratore di Mapello?



C’è grande fermento attorno al processo a carico di Massimo Bossetti, unico imputato per la morte della tredicenne di Brembate, Yara Gambirasio, avvenuta il 26 novembre 2010. Secondo l’accusa, il responsabile dell’atroce delitto e dell’occultamento del corpo della ragazzina sarebbe proprio il muratore di Mapello, reduce da oltre 40 udienze di un processo che è giunto ormai alle sue battute finali. Tra meno di un mese, infatti, sarà il momento dell’attesa sentenza dopo la richiesta avanzata dal pm Letizia Ruggeri qualche settimana fa e relativa alla pena massima dell’ergastolo a carico di Bossetti. Le ultime udienze hanno visto protagonisti rispettivamente i legali di parte civile e la difesa dello stesso imputato. Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, dopo l’udienza dello scorso 27 maggio e due settimane di preparazione, sono pronti a tornare nuovamente in aula per terminare la loro lunga arringa nel tentativo di smontare il solido castello accusatorio illustrato dal pm nella sua lunga requisitoria durata oltre 13 ore. Nella passata udienza, la difesa di Massimo Bossetti aveva puntato tutto su uno dei punti salienti dell’accusa, relativo al luogo del ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio ed all’ora del decesso della ragazzina, promessa stella della ginnastica artistica. In quell’occasione, inoltre, si era parlato anche di famiglie, con un pensiero doveroso e che aveva rappresentato la premessa prima dell’inizio dell’arringa vera e propria, alla famiglia della vittima. Nel parlare della famiglia e dei figli di Bossetti, invece, lo stesso imputato si era commosso in aula fino alle lacrime. In vista della prossima data del 10 giugno, la difesa avrà modo di prendere la parola per l’ultima volta e, come anticipa L’Eco di Bergamo, ne approfitterà per approfondire un tema attorno al quale è ruotato l’intero processo sulla morte di Yara Gambirasio: il Dna. Proprio questo è l’elemento più forte in mano all’accusa in quanto rappresenta la “prova regina” ed ora la difesa di Bossetti tenterà ancora una volta di smontarlo nel tentativo di convincere il giudice in vista della sentenza finale.

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