La legge sulle unioni civili, in particolare quella per le coppie omosessuali, in Italia risale a poche settimane fa ed è stata oggetto di un dibattito molto intenso tra le parti politiche, che alla fine sono approdate ad un compromesso, discutibile quanto si vuole, ma concreto e preciso. Si tratta dell’articolo 1 che afferma: “La presente legge istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto”. 



Ossia nella volontà del legislatore italiano l’unione tra due persone dello stesso sesso non è equiparabile ad un matrimonio, nonostante ci siano alcune prerogative in comune. 

Al definire diversamente, a norma dell’articolo 3 della Costituzione, le due tipologie di coppia, emerge un fatto chiarissimo: essendo diverse, se sono trattate diversamente, non sono discriminate. Il tribunale italiano aveva negato il permesso di soggiorno a un cittadino neozelandese, Douglas McCall, che voleva vivere con il suo compagno italiano, Roberto Taddeucci. Ora, per i giudici di Strasburgo l’Italia ha violato il diritto di una coppia a non essere discriminata; in realtà la discriminazione ci sarebbe stata se l’Italia avesse trattato due coppie diverse, come la coppia omosessuale e quella eterosessuale, nello stesso modo. 



Le coppie omosessuali costituiscono una formazione sociale specifica, con diritti e doveri propri, che ne fanno un unicum diverso dal matrimonio. Ed è solo a quest’ultimo che si applica la normativa del ricongiungimento al coniuge a salvaguardia della specificità di ciò che chiamiamo famiglia, immaginando che in questa coppia possano esserci dei figli e magari figli minori, bisognosi delle cure di entrambi. Il paradosso è che la sentenza della Corte di Strasburgo riconosce che la coppia omosessuale non poteva essere equiparata ad una coppia eterosessuale, ma gliene attribuisce ugualmente gli stessi diritti. 



Secondo i giudici l’interpretazione restrittiva della nozione di famiglia avrebbe costituito per la coppia un ostacolo insormontabile nell’ottenere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. Ma l’aspetto capzioso della sentenza sta proprio in questi due passaggi: da un lato interviene abusivamente sul concetto di famiglia, imponendo standard diversi da quelli della tradizione italiana, quelli che la stessa legge sulle unioni civili riconosce. E dall’altro assume come unica alternativa possibile per ottenere il permesso di soggiorno il matrimonio, ignorando altri percorsi alternativi possibili per ottenerlo.  

E’ evidente la volontà di mettere in crisi l’Italia, forse per accelerare l’iter legislativo della legge sulle unioni civili, insistendo sulla relazione tra diritto e desiderio. Nel caso specifico la coppia non rientrava neppure nei casi attualmente previsti dalla legge, mentre avrebbe potuto ottenere visto e permesso in un tempo ragionevolmente breve, come accade a chi viene da quel continente. Non trattandosi di matrimonio ma di una unione specifica, vanno tutelate le caratteristiche di entrambe le tipologia di coppia, senza fare confusione, senza cedere ad assimilazioni improprie. Mi auguro che il governo italiano faccia ricorso…