Nuova brutta notizia per Michele Buoninconti, il 47enne ex vigile del fuoco, il quale deve scontare la pena di 30 anni di carcere per il delitto della moglie, Elena Ceste. Lo scorso ottobre, il Tribunale dei minori di Torino aveva deciso di far decadere la patria potestà dell’uomo nei confronti dei quattro figli, tutti minorenni, attualmente affidati ai nonni materni con il divieto di incontro e colloquio. Tramite i suoi avvocati, Michele aveva presentato ricorso, così come il fratello Salvatore, alla Corte d’Appello di Torino, sezione Minori, ma le loro richieste sarebbero state tutte respinte, come riporta LaNuovaProvincia.it. Prima di giungere alla decisione resa nota oggi, in base alla quale Michele Buoninconti non potrà rivedere i figli in carcere (almeno fino alla conclusione dell’iter giudiziario che lo vede coinvolto), i giudici avevano studiato attentamente il folto fascicolo iniziato in seguito alla morte di Elena Ceste, sentendo anche i due figli maggiori. Questi ultimi, senza nascondere il disagio e l’immenso dolore per la vicenda che vedrebbe coinvolto il padre e per la morte della madre, avevano espresso il desiderio di non voler rispondere alle numerose lettere inviate loro da Michele direttamente dal carcere e di non sentire quindi la necessità di incontrarlo. “Dalle audizioni dei due ragazzi è emerso chiaramente che non sussistono le condizioni per l’attivazione di incontri con il padre. E deve essere confermata anche la decisione di sospendere gli incontri tra i ragazzi e gli zii paterni”, si legge nella decisione ufficiale depositata oggi dai giudici. I quattro minori, figli della povera Elena Ceste, dunque, non potranno vedere né il padre né la famiglia Buoninconti. I giudici, inoltre, avrebbero respinto anche la richiesta di ripristino della potestà genitoriale. Ciò sarebbe stato giustificato con quanto già verificato dal Tribunale dei minori, ovvero con la tendenza di Michele Buoninconti a costruire a scapito dei figli un vero e proprio isolamento dal mondo esterno alla famiglia ed il totale controllo sulle loro vite, evidente anche nelle numerose lettere inviate dal carcere.



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