Un telo metallizzato, tra l’argento e il giallo. Stoffa da tuta spaziale, da addobbo festivo. Per terra, copre un corpo. E’ corto, dev’essere un bambino. Anzi, una bambina, perché una bambola sta al suo fianco. Non è rotta, non sanguina, ma vediamo attraverso di lei le manine che l’hanno stretta, pettinata, il visetto che le ha parlato,  che non osiamo immaginare, ora, sotto quella coperta fredda che luccica. Luccica come il mare, dove i bambini fanno il bagno e giocano, e anche stamattina si vedono gli spruzzi e si sentono le grida di bambini che si godono l’estate. E anche di troppi adulti, non inconsapevoli, non innocenti. 



Perché la foto di quel corpo sulla Promenade des Anglais, uno degli 80 e più corpi che come fantocci sono stati schiacciati e scaraventati sull’asfalto dalla follia omicida di un criminale, è diventata un simbolo. Il ricordo indelebile di vite spezzate, una per tutte, incolpevoli, ignare, come tutte le vite spalancate al futuro, alla scoperta della realtà. Soprattutto quelle dei bambini.



Un criminale, un inviato del demonio, non un pazzo, ha ancora una volta sconvolto, terrorizzato, dilaniato, seminato morte. Non chiamiamoli pazzi, non crediamo siano isolati. Sono tra noi, ci odiano, odiano a vita. 

Amano la morte, per questo sembrano vincere. Non facciamo finta che la tragedia non ci riguardi, non scordiamola dopodomani, non tuffiamoci in mare senza sentir bruciare nella testa e nel cuore la memoria. Certo che si va avanti. Certo che si deve fare tutto per bene, lavorare, amare, gioire, aiutare. Perché è giusto, perché è umano, perché siamo fatti, educati così, e Dio sia lodato che il cristianesimo e le rivoluzioni, con tutti i loro errori, ci hanno resi liberi e desiderosi di costruire il futuro. Ma bisogna tener viva la domanda, la terribile domanda sul perché. E non mentire, per alzare le spalle, magari sentendoci un po’ in colpa, tanto per provare a giustificare l’orrore. 



La gente massacrata con ferocia impensabile a Nizza non aveva colpe. Non odiava gli islamici, non sganciava bombe, era solo gente che sa essere felice. Questo odiano, la nostra libertà, la nostra felicità. Perché per loro la vita è nulla, e il dolore e la morte strumento di vendetta, di riscatto, di assurda e atavica sottomissione a un dio inesistente, che contraddice il suo nome, un dio che pretenda sacrifici umani. Smettiamola di sentirci in colpa, tiriamo fuori un po’ d’orgoglio. Se non per noi, fragili e faibles, dimentichi di radici e desideri veri, facciamolo per i nostri figli, per quella bambina uccisa sulla strada, che aveva ancora negli occhi il luccichio dei bimbi quando guardano i fuochi d’artificio. 

Bisogna reagire, altro che far finta di niente. Tornare a dire ad alta voce che il male è male, e il bene è bene, e la differenza è chiara in ogni uomo. Non si può capire il corpo di una bambina schiacciato sull’asfalto, e non per una fatalità. Chi uccide così è il male, armato dal Male, sostenuto dal male. Quest’Europa esitante e divisa ha saputo nei suoi giorni migliori reagire, rispondere unita al nemico più terribile che la storia recente ricordi, il nazismo. Questi fondamentalisti islamici sono così. Stessa ferocia, stessa follia. Bisogna annientarli. E chi crede nell’islam dovrebbe con più forza e senza se e ma dichiarare apertamente il suo odio, il suo disprezzo, il suo brivido davanti a chi si appropria del loro dio.

Condanna unanime e al di là del tempo, altro che paradiso delle vergini. Solo così potremo guardarci intorno e  sentirci amici, fratelli, come abbiamo sempre pensato, in quest’Europa senza frontiere, pasticciona, incasinata, ingiusta, diseguale ma dove le donne non vengono lapidate, dove chi sbaglia va sotto processo, dove le idee e le differenze vengono rispettate e non si viene scaraventati giù da un palazzo per un amore che sembra sbagliato. 

Un’Europa dove la gente scende per le strade cantando, battendo le mani, suonando, sorridendo, perché ama la felicità. Lo so che tanti corpi di bambini nel mondo finiscono stritolati dalle bombe e sanguinano nella polvere, nell’indifferenza di chi si crede lontano. Ma non sono gli assassini dell’Isis ad aver pietà d loro. Li uccidono anche loro, e ne ammazzano e torturano padri e madri. Non crediamo mai, neppure per un attimo fugace, alla loro propaganda, non permettiamo che qualcuno si alzi a dar loro voce e complicità. Abbiamo mille anni fa scritto norme che ritenevano inaccettabile l’occhio per occhio e dente per dente. Eravamo barbari. Prima che la legge del taglione si impossessi di nuovo di noi, e qualcuno reso folle, sì, dal dolore, vada in cerca di nemici da uccidere a sua volta, e trasformiamo i nostri paesi in un inferno. E’ questo che vogliono. 

Non possiamo far finta di niente, credere che si possa vivere e far giocare sereni i nostri figli senza la paura, e il ricordo che dilania l’anima. Ma alzeremo la testa, dicendo ai nostri figli che siamo in guerra, che siamo noi i buoni, siamo noi quelli che amano la vita. Oggi di più, anche se l’abbiamo troppe volte trascurato, e abbiamo agito contro di lei. Ricordiamoci chi siamo, cosa fonda la nostra libertà e sguardo al domani. A te piccola, sotto i lampioni di una notte d’estate, buttata a terra e strappata alla vita, che devi per forza essere in un posto migliore, non so dire altro che veglia su di noi. E chiediglielo tu, al Padre che ti ha creata, di proteggere i tuoi figli, di farci capire il senso di questo dolore che non si può spiegare e lenire. Perché non si uccida la speranza.