La morte di Emmanuel, il nigeriano ucciso a Fermo dopo essere stato coinvolto in una lite con l’ultrà Amedeo Mancini, ora in carcere, continua ad essere caratterizzata dal mistero. E’ ancora giallo sulle reali dinamiche dell’accaduto, sebbene esistano almeno sei testimoni, così come sulle versioni fornite dalla moglie del migrante. Nei giorni scorsi, Il Corriere della Sera aveva riportato che la vedova, risentita dagli inquirenti, aveva modificato la sua prima testimonianza asserendo che a lanciare il palo della segnaletica era stato il marito nei confronti dell’italiano. Un dettaglio importante ed in totale contraddizione rispetto alla prima versione. Il Fatto Quotidiano però, nelle passate ore avrebbe smentito l’accaduto, come riporta FanPage.it. La vedova del nigeriano ucciso, infatti, non sarebbe stata affatto risentita e di conseguenza non avrebbe ritrattato quanto da lei asserito nella sua prima versione. A confermare ciò, oltre al procuratore è intervenuta anche l’avvocato della 24enne, Letizia Astorri, dichiarando: “Chinyery non ha ritrattato, né ha cambiato la sua versione dei fatti”.
Mentre continua a restare il giallo sulla morte di Emmanuel, il nigeriano ucciso a Fermo nei giorni scorsi e per il cui omicidio è in carcere l’ultrà Amedeo Mancini, prosegue l’ondata di razzismo nei confronti della moglie Chinyery. Come riporta La Nazione, un poliziotto della questura di Prato è stato indagato per istigazione all’odio razziale e diffamazione a mezzo stampa, dopo aver scritto due post su Facebook dal contenuto razzista. In merito è stata aperta un’inchiesta e sono attualmente in corso le opportune verifiche. La segnalazione alla Procura sull’esistenza di post razzisti sul social network sarebbe giunta tre giorni fa e solo lo scorso venerdì è scattato l’avviso di garanzia a carico del poliziotto, classe 1976 e che sarà ascoltato la prossima settimana. Intanto per lui, partirà da oggi un procedimento disciplinare a suo carico. L’agente avrebbe scritto su Facebook non solo un post contro la moglie del nigeriano ucciso a Fermo ma anche contro Laura Boldrini, presidente della Camera. I suddetti post sarebbero stati successivamente cancellati dal social. Il questore Paolo Rossi ha commentato quanto accaduto ritenendolo “un fatto da ritenere molto grave da chiunque venga compiuto, maggiormente se è attribuibile ad un dipendente dello Stato. Ringrazio per la tempestività con cui la Procura si è mossa per fare luce sulla vicenda: fare chiarezza è una priorità assoluta”.
Altra versione per la morte di Emmanuel Chidi Nnamdi, diversa ancora da quelle dei giorni precedenti fornite dalla vedova Chiniary. A rivelarlo è Il Giornale, rimandando alle deposizioni dei testimoni in cui sarebbe stata in realtà la donna ad aggredore Amedeo Mancini. Potrebbe quindi ribaltarsi nuovamente tutto, grazie ad A.F., amico di Mancini e presenti al momento dell’aggressione. “Io e Mancini”, racconta, “camminavamo in via XX Settembre, eravamo quasi arrivati alla fermata dell’autobus che volevamo prendere. A un certo punto, sono arrivati tre soggetti extracomunitari verso di noi”. Fra il testimone ed una di queste persone ci sarebbe stato un saluto, poi il gruppetto si è spostato vicino ad un’auto parcheggiata dove avrebbero iniziado a fare movimenti sospetti. A quel punto scatta “andate via scimmie” detto da Amedeo Mancini, una frase che Emmanuel e la moglie Chiniary non hanno tollerato, tanto da tornare sui loro passi. “A questo punto la donna stessa ha sferrato una manata verso Amedeo”, continua, “lo ha colpito violentemente sul petto”. Una versione molto diversa quindi da quella sostenuta in questi giorni dalla moglie di Emmanuel e che è continuata anche dopo i primi due colpi della donna dati a Mancini. Il testimone riferisce infatti che l’amico ha cercato ad un certo punto di salire sull’autobus e che anche in quel momento la donna lo ha trattenuto con forza. “Il ragazzo di colore ha cominciato a sferrare colpi con le mani e con i piedi all’indirizzo di Amedeo stesso, tentando di colpirlo al viso e alle gambe”. Sarebbe scattato quindi Emmanuel verso il cartello stradale con cui avrebbe colpito Amedeo Mancini alla spalla, mentre la moglie lo picchiava con le scarpe. Infine la reazione. Questa tesi, anche se in punti diversi rispetto all’inizio e comunque diretta a confermare l’azione attiva di Chiniary, è riportata anche da altri tre testimoni, una parrucchiera, un vigile urbano ed una terza testimone.