Nella giornata del 2 luglio il calendario dei santi della Chiesa Cattolica ricorda un personaggio che fu molto amato quando era invita: egli è praticamente l’unico caso di un santo a cui, mentre era ancora vivente, fu chiesto di accettare il patronato di una città. Si tratta di san Bernardino Realino, un gesuita di grande umiltà e di profonde conoscenze, che compì miracoli in vita e dopo e che fu canonizzato nel 1947 da papa Pio XII. San Bernardino Realino oggi è il patrono della città di Lecce, dove visse e operò per oltre quarant’anni, ma la sua nascita avvenne molto lontano dalla Puglia, nel 1530 a Carpi, in Emilia Romagna. Bernardino era figlio di una famiglia ricca: il padre, che serviva alla corte di Mantova di Luigi Gonzaga, era spesso lontano da casa ed era la madre che si occupava dell’educazione del figlio, assieme a dei maestri privati. Bernardino dimostrò subito una vivace intelligenza e una netta propensione per gli studi umanistici. Così nel 1946 venne mandato a Modena, dove esisteva un’Accademia molto prestigiosa, per approfondire la sua formazione sullo studio degli autori classici. Successivamente andò a Bologna per studiare medicina. In quegli anni, san Bernardino non pensava alla vita religiosa, anzi, si innamorò di una fanciulla, con la quale però non ebbe mai alcun legame, per amore della quale passò dagli studi di medicina a quelli di giurisprudenza. Nel 1556 terminò il suo corso di studi ma non poté tornare a casa, dalla quale era stato esiliato per un fatto di sangue. Decise così di raggiungere suo padre, che nel frattempo si era trasferito a Milano agli ordini di Cristoforo Madruzzo.
La vivida intelligenza di san Bernardino saltò subito agli occhi della corte, tanto che il giovane ebbe molti incarichi importanti. Ad un certo punto, però, la sua vita subì una battuta d’arresto: non solo lo raggiunse la notizia della morte della donna amata, ma a questo si aggiunse una certo tedio per la vita mondana che fino a quel momento aveva condotto. Era il 1564 quando fu mandato a Napoli in qualità di luogotenente. Bernardino vagheggiava pensieri di morte, quando conobbe l’Ordine dei Gesuiti. Ascoltando le loro predicazioni maturò la sua vocazione: il suo cuore fin da fanciullo aveva anelato a Dio, e ora aveva trovato la via per raggiungerlo. In un primo momento pensò di attendere la morte del padre per prendere i voti, ma poi ruppe gli indugi e nel 1566 fu ammesso ai voti. Egli avrebbe voluto ricoprire un ruolo umile all’interno dell’Ordine dei Gesuiti, ma le sua doti intellettuali non potevano andare sprecate e dovevano essere impiegate a maggior gloria di Dio. Così fu avviato agli studi di teologia e dopo aver preso i voti restò a Napoli sette anni, istruendo i novizi e compiendo molte opere di bene. I napoletani furono davvero dispiaciuti quando, nel 1574, a san Bernardino fu comandato di trasferirsi a Lecce per seguire una grossa donazione che era stata fatta all’Ordine.
A Lecce imperavano a quel tempo l’ignoranza e la superstizione, e l’opera di san Bernardino Realino fu encomiabile e preziosa. Nel tempo che trascorse in città, fino alla sua morte avvenuta il 2 luglio 1616, compì un’opera infaticabile di evangelizzazione e di aiuto ai più poveri, privandosi lui stesso del necessario. Fondò un collegio in cui istruì molto giovani. Alla sua morte, quando era più che ottantenne, era così amato che una delegazione cittadina andò da lui a chiedergli se voleva proteggere per sempre la città, e lui accettò. San Bernardino Realino era in odor di santità fin da quel momento: il suo corpo fu venerato e molti miracoli avvennero a chi toccava i resti del santo. Oggi le sue reliquie sono conservate nella Chiesa del Gesù di Lecce, e a Carpi c’è una chiesa intestata a san Bernardino.
Il giorno 2 luglio si celebra anche la memoria liturgica dei Santi Martiri Liberato, Bonifacio, Servio, Rustico, Rogato, Settimo e Massimo.