“Gli ultimi attentati rappresentano un salto di qualità preoccupante. Un kamikaze che si fa esplodere in fondo non vede veramente in faccia le sue vittime. Ben diverso è il caso di chi guida un camion o maneggia un’ascia, in quanto questa persona dovrebbe accorgersi che sta uccidendo degli esseri umani”. E’ la chiave di lettura di Paolo Branca, professore di lingua e letteratura araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e uno dei maggiori esperti europei del mondo arabo. Dopo l’attentato di Nizza, nel quale hanno perso la vita 84 persone, lunedì notte un afghano di 17 anni ha aggredito i passeggeri di un treno regionale in Germania armato di accetta e coltello. In entrambi i casi l’Isis ha rivendicato l’attacco. Nel caso dell’aggressione avvenuta sul treno in Baviera l’agenzia di stampa del califfato, Amaq, ha reso noto: “L’autore dell’operazione di accoltellamento in Germania è un combattente dello stato islamico e ha compiuto questa operazione in risposta agli appelli a colpire la coalizione che combatte lo stato islamico”.



Professore, in quale humus umano e sociale si inquadrano le azioni di “lupi solitari” avvenute a Nizza e in Baviera?

In Italia e in Europa sta succedendo quello che negli Stati Uniti avviene già da tanto tempo: ho in mente gli attentati di Oklahoma City del 1995 come pure quelli dell’attentatore americano Unabomber. Dietro a questi eventi c’è un disagio psichico personale molto pesante. L’atmosfera apocalittica da scontro finale tra le forze del bene e del male che si respira, come pure l’interpretazione che viene data dello scontro di civiltà, fa sì che alcune personalità particolarmente problematiche e fragili possano essere più facilmente influenzabili.



Gli attentatori di Nizza e Baviera sono dei militanti dell’Isis?

Un’operazione anche clamorosa come quella di Nizza mi sembra chiaramente opera di un singolo individuo con gravi problemi psicologici. Per guidare un camion e sparare non ci vuole infatti una grande preparazione. Lo stesso vale per l’afghano in Germania, e il cui attentato è stata una pura espressione muscolare di rabbia o di vendetta, oltre che di fondamentalismo.

Quali differenze ci sono in questo senso tra Isis e Al-Qaeda?

Rispetto ad Al Qaeda, il salto di qualità dell’Isis è consistito nel fatto di avere occupato uno spazio rimasto libero nel caos tra Siria e Iraq ed essersi proposto come alternativa concreta agli altri regimi o agli altri Stati che si dicono islamici. A differenza di Al Qaeda, che si limita a un antagonismo politico, l’Isis ha messo addirittura in piedi qualcosa che assomiglia a uno Stato vero e proprio.



Se Al-Nusra decidesse di compiere un attentato in Occidente che cosa farebbe?

Nelle modalità non saprei, ma nelle motivazioni Al-Nusra è molto più legato alla situazione sul terreno. Qualora un Paese occidentale attaccasse pesantemente le postazioni di Al-Nusra, sarebbe più facile che la reazione avvenisse nello stesso contesto mediorientale. Le città europee dove ha colpito l’Isis, per Al-Nusra sono abbastanza fuori contesto. L’Isis al contrario non si sta vendicando di qualcuno in particolare, ma finisce per attrarre in modo quasi “ipnotico” dei personaggi già problematici.

 

Che cosa cambia nella strategia dell’Isis dopo gli ultimi attentati?

Tanto quello di Nizza quanto quello in Germania sono episodi preoccupanti. Un kamikaze che si fa esplodere in fondo non vede veramente le sue vittime, perché egli stesso si consuma nell’istante “catartico” dell’esplosione. Ben diverso è il caso di chi guida un camion per alcuni minuti, e va addirittura dove la folla è più fitta, in quanto questa persona dovrebbe accorgersi che sta travolgendo degli esseri umani. Allo stesso modo, per prendere una persona a colpi d’accetta ci vuole anche una capacità di disumanizzare la propria vittima.

 

Per quali motivi la Francia continua a essere nel mirino?

Sicuramente la concentrazione del numero di immigrati è un fattore presente, ma c’è anche un secondo fattore molto importante. Mi riferisco alla politica attuata dalla Francia che ha voluto imporre il proprio modello di laicità e i principi della rivoluzione, i quali però sono rimasti solo a livello teorico.

 

In che senso?

Se uno si chiama Mohammed e ha la pelle di un altro colore, troverà sicuramente lavoro con più difficoltà di un francese doc. Si sono create le banlieues e le Villes nouvelles dove si concentrano quelli che sostanzialmente sono dei cittadini di serie B. I musulmani in questo modo sono assimilati, ma in fondo non potranno mai essere francesi a tutti gli effetti.

 

La Francia è nel mirino anche per la sua politica estera?

Sì, in quanto è presente in tanti scenari dell’Asia e dell’Africa con la sua diplomazia ma anche con le sue truppe, è quindi è vista come uno degli attori principali a livello mondiale insieme a Regno Unito e Stati Uniti, mentre Italia, Spagna e Germania lo sono molto di meno.

 

(Pietro Vernizzi)