La Turchia è sotto caos completo e anche se il presidente Erdogan ha convocato il Consiglio di sicurezza nazionale per prendere ulteriori decisioni dopo il fallito colpo di stato, al omento sembra di certo molto più l’azione del governo piuttosto che dei presunti golpisti a preoccupare la comunità internazionale. Un po’ di numeri: 15mila posti di lavoro soppressi, 20mila insegnanti sospese, 24 licenze di stampa sospese, 12 mila generali, soldati e forze dell’ordine arrestati e in generale sono 50mila gli uomini e del donne che da pochi giorni sono stati sollevati dall’incarico. Incredibile ma è così, con le epurazioni di Erdogan che non accennano a diminuire: in più arriva la preoccupazione per azioni sovversive contro i golpisti o chi è considerato tale. Questa mattina ad esempio un inquietante striscione a caratteri cubitali campeggiava da piazza Taksim di Istanbul in cui si leggeva: “Gulen (l’uomo considerato la mente del golpe, ndr) cane del diavolo, impiccheremo te e i tuoi cani allo stesso guinzaglio”. Al momento tutte le misure prese da Erdogan sono legate e motivate per la “necessità di verificare eventuali legami con la confraternita di Fetullah Gullen”. E intanto la libertà e la democrazia se ne vanno allegramente lontane dalla Turchia…



Il tentato golpe in Turchia non ha fatto altro che esacerbare tutte le tensioni già presenti negli ultimi tempi con un’evidenza che oramai sembra difficile da negare: quello che è il governo di Erdogan è tutto fuorché una democrazia, nonostante quando vada ripetendo ancora Obama dall’America. Se i professori universitari vengono sospesi e dato divieto loro di espatriare, se i militari vengono arrestati con il rischio della re introduzione della pena di morti e se la gente è privata delle libertà di stampa quasi interamente, le purghe di Erdogan sorridono anche effetti preoccupanti sul fronte della radicalizzazione islamica. Come racconta Marco Ansaldo oggi su Repubblica, per le strade di Istanbul, nel quartiere Besiktas ad esempio, si invita alla svaria e alla lotta contro il nemico occidentale: i fan di Erdogan vogliono l’eliminazione dello Stato Laico e l’imposizione della legge islamica coranica tradizionalista. “Imporremo il velo alle donne”, mormorano nelle vie delle città turche, e anche se non è la maggioranza del Paese quella che parla non si può neanche far finta di non vedere queste come altre contraddizione del regime di Erdogan. Oggi è ritornato anche il consueto raid anti-PKK (il partito dei lavoratori del Kurdistan), i primi dopo il tentato colpo di stato: l’aviazione militare turca ha condotto attacchi aere contro il Pkk nel nord dell’Iraq, uccidendo 20 combattenti ribelli (fonte Ntv).



Quanto sta accadendo in Turchia è davvero sempre più clamoroso, nella totale assenza o quasi di prese di posizioni decise contro quanto Erdogan sta compiendo dopo il tentato-fallito golpe del 15 luglio 2016: le ultime notizie e le news estemporanee che arrivano da Istanbul e Ankara parlano di altri due fatti gravissimi che esplicano una volta di più che le epurazioni anti-golpisti vanno ben oltre il dovuto limite imposto dai fatti. È di questa mattina la notizia del Consiglio per l’alta educazione (già il nome fa venire qualche brivido alla schiena) che ha imposto un divieto di espatrio a tutti i professori universitari turchi, dopo averne arrestati già parecchi nei giorni scorsi e alcuni addirittura sospesi dalla loro carica, sia nei licei che nelle università. Come riportiamo qui sotto lo stesso Consiglio (Yok) aveva chiesto le dimissioni dei 1577 decani delle università: le purghe continuano, l’imbarazzo internazionale pure. Quando avrà fine tutto questo?



Le ultime news provenienti dalla Turchia confermano che l’epurazione iniziata dal presidente Erdogan in seguito al tentato colpo di stato ordito nei suoi confronti è lontana dal dirsi conclusa. Come riferito dall’Ansa, la “ritorsione” di Erdogan nei confronti delle persone ritenute legate al leade religioso Fatullah Gulen, ritenuto l’ideatore e il mandante del golpe, non si traduce soltanto in degli arresti (che a detta del vicepremier e portavoce del governo di Ankara, Numan Kurtulmus sono attualmente 9.322). Basti pensare che il Ministero dell’Istuzione ha sospeso dall’insegnamento 15.200 dipendenti e che lo Yok, il Consiglio per l’alta educazione, organo costituzionale responsabile della supervisione delle università turche, ha richiesto le dimissioni di 1577 rettori, di cui 1176 dirigenti di atenei publlici; in più sono stati 21mila i docenti operanti nelle scuole private che si sono visti revocare la licenza d’insegnamento.  el frattempo la Diyanet, Presidenza turca per gli Affari religiosi nonché massima autorità islamica strettamente dipendente dallo Stato, oltre ad aver provveduto all’allontanamento di 492 dipendenti tra imam e insegnanti di religione in “area Gulen” ha annunciato che non consentirà lo svolgimento dei funerali islamici per i golpisti uccisi.

Dopo che il colpo di stato in Turchia nei suoi confronti è fallito, il presidente Erdogan ha confermato l’intenzione di inserire nella costituzione l’opzione della pena di morte. Erdogan ha ribadito questo concetto anche ieri, come riportato dall’Ansa:”La pena di morte c’è negli Stati Uniti, in Russia, in Cina e in diversi Paesi nel mondo. Solo in Europa non c’è”. A chi gli ricordava che in Turchia la pena era prevista ma è stata successivamente abolita, il presidente turco ha risposto che “non ci sono statuti irrevocabili”. Un ulteriore segnale della sua volontà di procedere al più presto con l’iter parlamentare che dovrebbe punire i golpisti per alto tradimento. L’Europa però non ha intenzione di restare a guardare e il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, interpellato a Radio anch’io sulla possibilità che la Turchia reinserisca la pena di morte nel suo ordinamento e allo stesso tempo aderisca all’Ue è netto:”E’ chiaro che non sta né in cielo né in terra di continuare un qualsiasi percorso negoziale con un Paese che reintroducesse la pena di morte, visto che tra i principi dell’Unione europea c’è ovviamente l’abolizione della pena di morte”.