Una recentissima sentenza del Consiglio di Stato condanna la Regione Lombardia, accusandola di discriminare le coppie che accedono alla fecondazione eterologa rispetto a quelle che ricorrono alla fecondazione omologa. Una discriminazione tutta economica, che si gioca sulla diversità dei costi per l’una e per l’altra e quindi sulla diversità dei rimborsi che la Regione mette a disposizione delle due diverse forme di procreazione medicalmente assistita.
Nella sentenza si dice chiaramente che il maggior costo dell’eterologa non può in nessun caso essere attribuito all’acquisto di gameti estranei alla coppia, ma necessari per procedere alla PMA. È ben noto infatti che su questo punto la legge è chiarissima: non può né potrà mai esserci mercato di oociti né di spermatozoi, come non c’è mercato di sangue per le trasfusioni né per i trapianti. Il corpo umano non si vende e non si compra, e a noi piace aggiungere che non si affitta neppure.
Qualcuno sostiene che nel caso di un donatore esterno è necessario un approfondimento ulteriore per essere certi che il bambino che nascerà non sia affetto da patologie di qualsiasi tipo, che un’anamnesi accurata e un check diagnostico approfondito avrebbero potuto evitare.
È una spiegazione corretta, ma non sufficiente a giustificare la differenza dei costi. Come non è corretta l’ipotesi di chi chiede costi uguali per prestazioni differenti: i due tipi di fecondazione definiscono scenari diversi tra di loro ed è ragionevole che il legislatore voglia tenerne conto. In un caso il bambino nasce in una famiglia in cui padre e madre sono perfettamente identificabili nella loro vita di coppia e condividono quanto di più prezioso hanno: il proprio patrimonio genetico e una forte volontà di genitorialità. Nel secondo caso il bambino nasce in un contesto più complesso anche sotto il profilo affettivo e i due genitori si pongono su di un piano diverso non solo sotto il profilo genetico, ma anche rispetto alla relazione genitoriale che ne consegue. Alla maggiore complessità della relazione il legislatore aggiunge un “segnale d’allarme”, che preavvisa la coppia delle maggiori difficoltà a cui vanno incontro e offre loro un’ulteriore possibilità di riflessione e di valutazione delle alternative disponibili. Per esempio l’adozione…
Pretendere costi uguali per trattamenti disuguali è francamente discutibile. Ancora una volta ci troviamo davanti ad un approccio istituzionale diverso tra legislatore e magistratura, che definisce un potenziale conflitto di interesse, ma soprattutto una sostanziale diversità di visione della società.
Il presidente della Regione si schiera a tutela della famiglia e ne valorizza l’impianto biologico non come l’unico fattore di coesione familiare ma anche come un elemento strutturale che merita la massima attenzione. Il magistrato invece opera un livellamento delle prestazioni e dei costi, ignorando tutta la complessità delle dinamiche affettive che presidiano la genitorialità condivisa e vissuta su di un piano di autentica parità.
Sono approcci diversi, ma la scelta politica di chi anche in questa chiave investe sulla famiglia merita il massimo rispetto, senza dimenticare quanto piaccia alla magistratura in questi ultimi tempi essere creativa e ben poco legata alla norma, con un ribaltamento di piani e di poteri che non manca di sorprenderci ogni volta.