Nelle ultime ore, nell’ambito del giallo sulla morte di Marco Vannini si è assistito ad un vero e proprio botta e risposta tra Viola Giorgini, a processo per omissione di soccorso e gli zii della vittima 20enne, ucciso a casa dei Ciontoli la sera del 17 maggio 2015. Roberto e Anna Carlini, come riporta il sito Terzobinario.it, hanno voluto commentare la lettera inviata da Viola alla stampa. “Abbiamo letto la lettera che Giorgini Viola ha scritto, si fa per dire, in merito alla vicenda nella quale è coinvolta ed imputata e nelle tante righe in cui si autocommisera la cosa che ci provoca disgusto è che non ha speso una sola parola per nostro nipote”, hanno esordito gli zii di Marco Vannini. “Pensa al suo caro fidanzato Federico, imputato di concorso in omicidio volontario con dolo eventuale, che vive lontano dai suoi cari. Vorremmo ricordarle, perché sembra che ce ne sia bisogno, che Marco giace in una tomba e non rivedrà mai più i suoi cari”, hanno aggiunto. A loro detta, la missiva scritta dalla fidanzata di Federico Ciontoli, figlio di Antonio, rafforzerebbe ciò che loro hanno sempre pensato sul suo conto e sul ruolo che avrebbe avuto nella triste vicenda, per poi concludere con un messaggio rivolto alla ragazza: “Stai tranquilla le sentenze si scrivono in tribunale e non davanti alle televisioni”.
Dallo scorso lunedì 18 luglio, dopo la seconda udienza del processo per la morte di Marco Vannini, il giovane di 20 anni ucciso con un colpo di arma da fuoco esploso da Antonio Ciontoli, padre della sua fidanzata Martina, si sono rincorse numerose notizie sul caso che fa indignare l’Italia intera. Dalle dichiarazioni dei testimoni, che in aula hanno riproposto i momenti terribili vissuti la sera del 17 maggio dello scorso anno, alla lettera di Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli e accusata di omissione di soccorso. La famiglia Ciontoli, come sappiamo, è stata interamente rinviata a giudizio con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, ma in aula lo scorso lunedì era presente solo il capofamiglia Ciontoli, ex militare della Marina ed autoaccusatosi di aver commesso l’omicidio di Marco Vannini, per “un incidente” e successivamente per “uno scherzo”. Alla sua famiglia negli ultimi mesi sono state indirizzate numerose lettere di minaccia che ora i legali hanno deciso di rendere note. Le missive contenenti insulti e minacce sono state pubblicate integralmente dal sito TerzoBinario.it. Nella prima lettera, il mittente che si firma come “Un uomo che ti odia profondamente” si rivolge direttamente ad Antonio Ciontoli, colui che avrebbe esploso il colpo mortale nei confronti di Marco Vannini. “Non meriti di stare su questa terra, come non lo meritano più tutte le persone che quella sera hanno fatto morire quel povero ragazzo! Non dovrete mai più dormire tranquillamente. Meritate solo di soffrire!”, si legge nella missiva. Nella seconda lettera l’accento è posto sulla conversazione shock tra Antonio Ciontoli ed il fratello nel corso della quale quest’ultimo paragonò la morte di Marco Vannini al medesimo dispiacere di una Ferrari rubata. “Se fosse dipeso da me io gli avrei fatto quello che Hitler ha fatto agli ebrei o l’Isis sta facendo ai suoi prigionieri”, scrive il mittente della lettera indirizzata ai Ciontoli. Lo stesso definisce Marco “ingenuo e sprovveduto” per non essersi accorto “d’essere finito in un covo di vipere”. Rimprovera la fidanzata Martina di non aver mai rivolto una parola di commozione a Marco Vannini per poi puntare il dito anche contro Maria Pezzillo, moglie di Antonio Ciontoli. “Siete gente fredda, calcolatrice”, scrive verso la fine prima di rivolgersi nuovamente all’intera famiglia: “Io, personalmente v’avrei impiccato come è stato impiccato Saddam Hussein purtroppo non ho il potere e la voce in capitolo per farlo, se lo faccio finisco in carcere e questo certo non mi va perciò m’astengo dal farlo”. La successiva missiva contenente numerose offese all’intera famiglia oggi a processo racchiude l’augurio di “una severa punizione, cioè, di trascorrere molti anni della vostra vita in carcere, ma non gli arresti domiciliari che mi fanno ridere”, fino all’ultima lettera, la più dura, scritta in un italiano stridente e nella quale viene augurata la morte a tutti e cinque i componenti della famiglia Ciontoli.