C’è chi, come lo psichiatra Vittorino Andreoli non ne vuole parlare perché, dice testualmente, “possono stimolare comportamenti patologici”. In effetti è quello che sembra accadere, quando come nel caso di Monaco di Baviera, un ragazzo 18enne con problemi mentali fa di personaggi come Anders Behring Breivik, l’autore della strage in Norvegia di cinque anni fa, il proprio idolo e vuole imitarlo, riuscendoci. Sta di fatto che viviamo ormai un clima di terrore quotidiano, ogni giorno, quasi, una strage o un tentativo di porla in atto. Il 25 luglio è stata giornata di allarmi continui, da Londra a Ventimiglia finendo con Milano: un pacco sospetto nella fermata metropolitana della Stazione Centrale, l’evacuazione immediata, la paura, l’intervento di un dispiegamento di forze di sicurezza impressionante. Se l’assessore alla Sicurezza del Comune Carmela Rozza minimizza (“con le partenze per le vacanze capitano episodi del genere”, ha detto), si lascia anche sfuggire un inquietante “si tratta del quarto o quinto episodio di questo tipo”. Peccato che la maggioranza dei cittadini milanesi non lo sapeva. Come si convive allora con questa situazione? Psicosi o paure giustificate? Lo abbiamo chiesto allo psichiatra Alessandro Meluzzi.



Allarmi bomba continui: siamo entrati inuma situazione di psicosi pura, o la paura della gente per tutto ciò che può essere sospetto è giustificata?

Siamo solo all’inizio. Il destino della nostra società è quello che è stato definito da qualche sociologo e anche da qualche esperto di strategia “israelizzazione”.

Cosa significa?

Lo stato di Israele vive in queste condizioni di paura da decenni, cosa che ha innescato dinamiche riconoscibili. E cioè far sì che la popolazione sia in grado di gestire una capacità di autodifesa, anche un incremento di paura però combinata con una maggiore efficenza di protezione e la convinzione di dover coabitare per sempre con questa problematica e conflittuale.

Per sempre? 

Questo è quello che attende l’Europa. È stata avviata quella che Oriana Fallaci definiva  una euro-arabizzazione e questo è il prezzo da pagare. 

Per noi europei però è una situazione inedita, a differenza degli israeliani. Come reagiremo alla lunga?

Ci abitueremo come nella vita ci si abitua a tutto. D’altra parte questo conflitto con il mondo islamico non è destinato a estinguersi in tempi brevi, anzi è destinato a crescere ulteriormente, visto che l’immigrazione introduce circa 10mila islamici alla settimana nel nostro Paese.

Non saranno tutti terroristi…

No, ma diventerà un humus diffuso che permetterà la crescita della radicalizzazione islamica.

L’allarme bomba di Ventimiglia che si è risolto in un nulla di fatto fortunatamente è stato lanciato da una telefonata anonima. Che tipo di soggetto è quello che fa queste azioni? Vuole alimentare il clima di paura?

Si tratta di mitomani narcisisti borderline, persone disturbate che hanno bisogno di vedere che effetto fa il loro procurato allarme. La stessa forma mentale dei piromani, degli incendiari, che scatenano le fiamme e poi guardano cosa sono riusciti a creare. 

 

Il caso dello stragista di Monaco di Baviera è poco chiaro, che idea si è fatto?

Non si sa assolutamente cosa ci sia dietro veramente, sono stati attuati talmente tanti depistaggi mediatico giudiziari che definire esattamente il caso è impossibile. La polizia e i media cercano di non alimentare allarmi creando processi di copertura assurdi.

 

È vero che persone con disturbi mentali possono assorbire il clima che si respira dando vita a fenomeni indipendenti?

Tutti quelli che vengono reclutati per processi terroristici o rivoluzionari, persino quelli che sono andati a combattere sul posto i cosiddetti foreign fighter, sono persone che avevano quantomeno tratti psicotici di personalità borderline. Questi personaggi si possono pescare ovunque, anche nelle carceri, anche nelle carceri o negli ambienti, è un fenomeno destinato a crescere in modo esponenziale.

 

Di fatto l’Isis non ha neanche bisogno di contattarli direttamente.

L’Isis è un contagio che passa attraverso il web, l’islam radicale è come un virus che attacca il computer, non ha bisogno di un contatto diretto. Entra nel software senza bisogno di consapevolezza di chi è davanti al computer. Diventa un fenomeno virale proprio come un virus e si espande ovunque.

 

Stimola comportamenti patologici già esistenti?

Comportamenti patologici per noi, rivoluzionari per loro, si tratta solo di stabilire chi ha ragione. Il fatto è che loro vogliono distruggere il nostro modello di società e noi vorremmo preservarla, ma non sarà facile.

 

La gente, noi europei, in che condizioni siamo attualmente? Come reagiremo?

La gran massa della gente vive nell’ipnosi del politicamente corretto che fanno passare i media, i telegiornali, senza avere percezione del pericolo reale. Ma i fatti, come diceva Lenin, hanno la testa dura.