GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’ (GMG). Ho ricevuto domenica, dalla mamma di una mia ex alunna, questo messsaggio whatsapp: “Ciao Giulia! Federica sta partendo per la GMG… sono felice e orgogliosa…. ma naturalmente un po’  in ansia… Con la fede però si sfida qualunque paura!”. Che bellezza, ho pensato, poter dire così, dopo giorni come quelli appena trascorsi dove, delle tante vittime che terrorismo e follia hanno seminato – prima in Francia, poi in Germania – molte erano bambini e giovani, alcuni dei quali sotto i vent’anni.  Che cosa dunque, se non la fede (come la mamma stessa di Federica ha dichiarato), può far sentire una donna “felice e orgogliosa” nel vedere la figlia partire per la Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà a Cracovia da oggi fino al 31 luglio? 



Senza scivolare nella palude insidiosa dell’ideologia, mi piacerebbe provare a dire perché proprio questa “felicità” e questo “orgoglio” siano profondamente ragionevoli, pur convivendo con l’ansia e la paura di un clima che si respira ormai dovunque. Innanzitutto, voglio fornire un dato che non mi sembra irrilevante: stando alle fonti ufficiali, si prevede per questo evento, una presenza di giovani che oscilla dal milione e mezzo ai due milioni, provenienti da 187 Paesi. Ma che cosa può far muovere un tal numero di ragazzi e ragazze per recarsi a un appuntamento cui, già nel luglio 2013 a Rio erano stati convocati, e al quale papa Francesco li ha nuovamente sollecitati con un messaggio del 15 agosto scorso? 



Per tentare di rispondere, parto dall’osservazione di un amico durante un’assemblea cui ero presente: citava, costui, la nota frase pronunciata da Bin Laden “Noi amiamo la morte molto più di quanto voi amiate la vita” e rilanciava, l’amico, dicendo che una tale affermazione chiama in causa ciascuno costringendolo a chiedersi se davvero ami la vita più di quanto loro non amino la morte. E aggiungeva infine che, a tale domanda, la risposta va data!  E quale risposta più eloquente – protremmo dire – del gesto della GMG per gridare al mondo il proprio amore all’essere, la vittoria della vita sull’odio e sulla violenza che troppe volte sembrano prevalere?



Eppure anche di fronte a un gesto di questa portata che solo la Chiesa, oggi come oggi, può vantare la pretesa di realizzare, occorre ripescare l’origine, il punto sorgivo che non lo riduca a una sorta di… Woodstock religiosa del terzo millennio. 

In una ricerca nazionale di recente pubblicazione edita da Il Mulino (F. Granelli, Piccoli atei crescono – Davvero una generazione senza Dio?), viene messo a tema proprio il rapporto delle nuove generazioni con la religione. Interpellato, un ventinovenne che si definisce credente, ma non frequentante, rileva che “i giovani non si sentono troppo vicini alla Chiesa: è una cosa troppo distante che non c’entra con la vita umana; sembra che la Chiesa sia una cosa e la vita sia un’altra. Non c’è connessione tra le due parti. Il Papa potrebbe avvicinare i giovani” (cfr. Op. cit. pag. 123).

E in effetti così sta avvenendo: non per una mera strategia comunicativa, ma perché Francesco, con la sua testimonianza, documenta quanto sia vero proprio il contrario: la Chiesa c’entra eccome con la vita umana innanzitutto perché le consente di scoprirne il senso e lo scopo. A questo bramano, molti forse ancora inconsapevolmente, quei due milioni di giovani che stanno viaggiando verso Cracovia…

A muoverli è dunque una promessa di significato che in papa Francesco sembra aver trovato risposta compiuta. Comincia a vibrare nel loro cuore, grazie proprio alla certezza del Papa, il presentimento – tanto misterioso quanto reale – che Dio li sta già aspettando: “Noi lo cerchiamo, ma Lui ci anticipa sempre, ci cerca da sempre, e ci trova per primo. Forse qualcuno di voi ha un peso nel suo cuore e pensa: Ho fatto questo, ho fatto quello…. Non temete! Lui vi aspetta! Lui è padre: ci aspetta sempre!”.

Hanno saputo, insomma, questi giovani, da Francesco, che Dio, a Cracovia – ma non solo – li sta aspettando… Non vogliono, questa volta, mancare l’appuntamento! Potrebbe succedere anche a loro, come al diciassettenne Bergoglio, “l’incontro”: quello capace di cambiargli veramente la vita!