Padre Jacques Hamel, ucciso stamane nella chiesa di St Étienne-du-Rouvray mentre celebrava messa, era andato in pensione una decina di anni fa dal suo ruolo di parroco, ma continuava a celebrare là dove aveva vissuto a lungo, come stamane, quando i due terroristi sono entrati e lo hanno sgozzato. Spesso prendeva il posto dell’attuale parroco, padre Auguste Moanda-Phuati, quando lui era troppo occupato o doveva allontanarsi. Nato nello stesso dipartimento della Normandia dove si trova la chiesa, quello di Seine-Maritime, nel 1930, era stato ordinato sacerdote nel 1958. A St Étienne-du-Rouvrayè stato parroco per ben trent’anni, amato e rispettato da tutti i suoi parrocchiani. Dopo il pensionamento aveva chiesto di rimanere lì, disponibile a dare una mano quando fosse necessario. Il presidente del distretto ha detto di lui: “Quest’uomo era un uomo buono”. Descritto come persona discreta, non amava mettersi in mostra. Un suo ex parrocchiano, come riporta il sito del giornale inglese The Guardian, lo ricorda come “un uomo che fino all’ultimo ha fatto il suo lavoro. Era anziano, ma sempre disponibile per tutti”. L’arcivescovo di Rouen, che si trovava a Cracovia per  la Giornata mondiale della gioventù e che è ripartito immediatamente per la sua diocesi quando ha saputo la notizia, ha commentato: “La Chiesa cattolica non ha altre armi se non la preghiera e la fraternità tra le persone. Sto lasciando qui in Polonia migliaia di giovani che sono il futuro della autentica umanità, chiedo loro di non arrendersi davanti alla violenza e diventare gli apostoli della civiltà dell’amore”. Il santo Etienne, santo Stefano, a cui era dedicata la chiesa dove è morto il sacerdote, è considerato il primo martire della cristianità, come lui oggi è diventato martire. Poche settimane fa su un settimanale cattolico aveva scritto un articolo in cui fra le altre cose diceva: “Possiamo ascoltare in questo tempo l’invito di Dio a prendere cura di questo mondo, per renderlo, là dove viviamo, più caloroso, più umano, più fraterno”. 



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