Vittorio Feltri si è più volte espresso sul caso di Yara Gambirasio e sul processo a carico di Massimo Bossetti. Anche dopo la sentenza di primo grado che lo ha condannato all’ergastolo ha voluto esprimere la sua idea in un lungo articolo su Liberoquotidiano.it. “Processo inutile, pro forma, una perdita di tempo, uno spreco di energie e di denaro”, ha esordito così Feltri in difesa di Bossetti. “Serve un colpevole per placare le ire e le ansie dell’opinione pubblica e si sceglie il più idoneo al sacrificio”, scrive ancora il giornalista, indicando proprio il muratore di Mapello come il colpevole perfetto: “Bossetti aveva ed ha tutti i crismi per essere indicato quale omicida. L’ hanno identificato, preso, sbattuto in carcere e cotto a fuoco lento”. Feltri, pur riconoscendo la validità della scienza che ha riconosciuto in Bossetti il Dna ritrovato, non può negare l’errore umano: “Non si tiene conto del fatto che se la scienza è esatta per definizione, chi la maneggia, invece, pure per definizione, può sbagliare così come sbagliano spesso tutti gli esseri umani”. Oltre alla prova del Dna, Feltri ricorda anche gli altri indizi a carico del presunto assassino di Yara Gambirasio, dalla mancanza dell’alibi al furgone. “E li chiamano indizi? Sono fragili congetture”, ha commentato, smontando punto dopo punto quanto invece supportato dall’accusa. Dopo aver puntato il dito anche contro certa stampa che avrebbe contribuito a suscitare un clima d’odio nei confronti dell’uomo, Vittorio Feltri ha chiosato: “La verità non la conosco. Ma la sensazione è che se Bossetti, invece di essere un proletario sprovveduto, incolto e intontito, fosse stato un borghese arricchito da buoni studi oggi sarebbe libero.  Nessuno avrebbe osato additarlo quale omicida”.



Con la data dello scorso 1 luglio e che ha segnato la condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti, accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio, si è chiuso il lungo capitolo del processo di primo grado caratterizzato da ben 45 udienze. Quali saranno, a questo punto, le prossime tappe del caso? Lo rivela L’Eco di Bergamo online. La difesa del muratore di Mapello avrebbe già annunciato il ricorso in Appello. Il secondo capitolo del processo potrebbe riprendere nella primavera del 2017. Gli avvocati di Bossetti avranno 45 giorni di tempo per impugnare la sentenza e presentare ricorso, quindi l’accento si sposterà a Brescia, sede della Corte d’Appello e dove sarà celebrato il processo di secondo grado che sarà aperto al pubblico. La prima udienza potrebbe essere fissata nella primavera del 2017 ma già da ora è possibile affermare che non si tratterà di un processo lungo come il precedente. Durante il secondo grado, la difesa di Massimo Bossetti riproporrà la sua richiesta di nuovi accertamenti genetici atti a confutare la tesi del Dna, la prova regina che ha portato all’individuazione di Bossetti come presunto assassino di Yara Gambirasio.



“Mi stanno uccidendo”. E’ questo il pensiero che racchiude ciò che sta attraversando Massimo Bossetti in questi giorni, subito dopo la condanna ad ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Non si capacita, riporta Il Mattino, del fatto che gli abbiano tolto la patria potestà. Ha pianto Bossetti, ed anche molto. All’indomani della sentenza indossa ancora gli abiti con cui si è presentato in aula, il viso provato da chi non ha dormito. A giudicare dalle parole che ha detto quella mattina al difensore Claudio Salvagni, “mi hanno tolto la potestà genitoriale. Cosa significa? Che non vedrò più i mie figli?”, il muratore di Mapello non aveva ben compreso la portata della condanna. Invece quel sabato mattina scorso i figli non ci sono e c’è solo la tenace Marita Comi, la moglie, a presentarsi con il fratello ed il legale. Non è valso a nulla spiegare a Massimo Bossetti che i figli gli verranno tolti solo se la condanna per la pena accessoria venisse confermata dalla Cassazione. Il carpentiere si dispera, continua a dichiararsi innocente. Secondo i pm invece la verità è un’altra. Il DNA prelevato dagli slip di Yara Gambirasio, lo stesso presente anche sui leggings, non lascia spazio a dubbi. A ciò si aggiunge il video della sorveglianza con cui viene ripreso un furgone del tutto simile a quello del Bossetti ed ancora tanti altri particolari che sommati in un quadro generale hanno reso vincente la posizione dell’accusa. “Sì, un po’ ce l’aspettavamo che finisse così”, riferisce la sorella gemella Laura Letizia Bossetti, “ma andiamo avanti. Siamo sempre convinti che lui sia innocente e comunque non è finita: ci sarà l’appello”. Una mazzata quindi per la famiglia del Bossetti che adesso provvede, con la guida di Marita Comi, a ricucire i pezzi squarciati dalle 45 udienze. La stessa mazzata che invece arrivò sul collo dei familiari di Yara Gambirasio che venerdì, finalmente, si sono potuti scrollare di dosso. “Ora sappiamo chi è stato”, riferiscono i difensori Andrea Pezzotta ed Enrico Pelillo, “anche se Yara non ce la riporterà indietro nessuno”. Si è discusso a lungo di quel DNA. E’ di Massimo Bossetti o no? E’ lui Ignoto 1? A fugare ogni dubbio è Emiliano Giardina, genetista intervistato a lungo dal Corriere della Sera: “il DNA non è trasportabile ma si trasferisce solo per contatto diretto”. E questo vuol dire che non è possibile la versione sostenuta dalla difesa del Bossetti, ovvero che il patrimonio genetico dell’imputato sia stato trasferito sul corpo di Yara Gambirasio da un attrezzo contaminato e rubatogli poco tempo prima. “Tutto questo è inconfutabile”, chiosa in modo lapidario il genetista. 

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