La risposta della Chiesa Cattolica alla barbarie della guerra che stiamo vivendo è dunque il vento di Cracovia. Mentre l’odio, il risentimento e il terrore contaminano le nostre vite – arrivando perfino a corrodere gli stessi rapporti in seno alla comunità cristiana – dalla Polonia Francesco organizza la sua resistenza. Come la seconda guerra mondiale ebbe una svolta nel sussulto di chi non voleva cedere all’orrore del totalitarismo nazifascista, così questo terzo conflitto – benché forse lontano dal suo esaurirsi – trova oggi i suoi nuovi partigiani nei giovani che da tutto il mondo sono giunti nella terra di san Giovanni Paolo II per incontrare Gesù, per vedere Pietro. E Pietro ha loro parlato.
Il Papa, però, ha voluto descrivergli quella che più che una resistenza militare o culturale al nemico si configura invece come una resistenza dell’umano alle spinte che vorrebbero ridurlo, che vorrebbero sbriciolarlo e fagocitarlo nel vortice della rabbia e della paura. L’omelia che ha concluso la Gmg 2016 ha pertanto indicato una strada a tutti per uscire realmente dalla crisi che stiamo attraversando. Riprendendo l’episodio di Zaccheo, Papa Bergoglio ha parlato della “bassa statura” del personaggio evangelico, una bassa statura che poteva portarlo a chiudersi in se stesso, a non sperare che là fuori ci fosse ancora qualcosa per lui.
E invece così non avvenne: Zaccheo riconobbe che nella realtà c’è un bene che ci aspetta e, forte di questo, sfidò la vergogna paralizzante per la propria condizione esistenziale con la potenza, e il fascino, della sua curiosità. Non solo nella storia c’è dunque un bene che ci aspetta, ma questo bene va guardato, va cercato, va costantemente seguito. Zaccheo non si è lasciato determinare dal contesto sociale o antropologico in cui era finito, ma ha permesso alla realtà – dentro un quadro in cui tutto appariva “contro” di lui – di smuoverlo. Non ha intrapreso una lotta con i suoi nemici, ma ha vinto la battaglia cedendo ad un’attrattiva, ad una curiosità più grande della somma di tutte le cose che non tornano. Una curiosità che c’è e che permane.
La folla mormorante dei farisei, ha aggiunto il Papa, a quel punto ha smesso di essere un’obiezione: i dibattiti fra noi o il nostro passato pieno di miserie smettono di essere un ostacolo quando inizia a prevalere la curiosità per il presente, per Uno che c’è e che opera. Il nostro sguardo è troppo pieno di dolore, di recriminazioni e di supposte verità per poter essere davvero libero. Che cosa pesa di più? La morte che bussa a Rouen o la Vita che ci fa visita nello sguardo di un mussulmano che ci manifesta la sua vicinanza e il suo dolore nel giorno del Signore? Che cosa vale di più?
Il sospetto che l’altro possa fregarmi per sgozzarmi e “per conquistarmi” o la certezza di essere già stato io “conquistato” da Cristo? In fondo noi pensiamo, ha concluso il Pontefice, che Dio si sia dimenticato di noi. Pensiamo di dover fare noi, di dover aggiustare noi e, così incastrati, perdiamo di vista Lui che fa, Lui che opera. Già, il problema è tutto qui: Lui non fa mai come pensiamo noi, dove pensiamo noi e quando pensiamo noi. Lui, dentro questo secolo di male e di terrore, dentro il nostro male e il nostro terrore, fa e ricomincia dove meno ce lo aspettiamo. L’esercito di Francesco è davvero pronto, il vento di Cracovia ha già iniziato a soffiare e la sfida è stata lanciata: s’ aggira per l’Europa e per il mondo la Potenza del Re della Pace, Cristo Gesù. E nessuno sa né da dove viene né dove va: non lo si può controllare, lo si può solo seguire. Pensate che qualcuno ieri vociferava, alla fine della Messa, che il Maestro si fosse messo in viaggio per un posto lontano, verso ovest, verso Panamà. È questo il vento di Cracovia, la Resistenza che l’uomo vestito di bianco ha ingaggiato contro il Califfo che, anzitutto, vive a proprio agio dentro ognuno di noi.
(Don Federico Pichetto)