La sconfitta di Federica Pellegrini alle Olimpiadi di Rio è una doppia buona notizia. Lo è per l’Italia, perché lo psicodramma che il Bel Paese sta vivendo mostra che quando andiamo in vacanza, vanno in vacanza anche i nostri problemi veri. E quindi — verrebbe da dedurne — la disoccupazione, la politica bloccata, il disagio sociale non sono poi problemi così gravi. Il quarto posto della Pellegrini è però soprattutto una buona notizia per Federica. Dire quarto posto, se il podio ha solo tre gradini, vuol dire perdere. Cosa succede alle vite d’oro, quando l’oro viene grattato via? Cosa succede alle vite da podio, quando il podio ti sfugge? Succede che le “vite d’oro” diventano vite. Punto. Vite senza aggettivi. La vita, appunto.
Non tutte le vasche portano al podio: si chiama vita. Dice Federica che se a 28 anni deve rispondere a domande del tipo “ti ha ceduto la testa” dà un cazzotto a tutti e se ne va. Finché sei a Rio, Federica, fai bene a dirlo perché quando tra un attimo sarai nella vita vera — la vita — non lo potrai dire più. Se sul lavoro ti fanno una domanda fuori tono, tu non puoi dare un cazzotto a tutti e andartene, perché rimani senza lavoro. Finché sarai a Rio puoi andartene sbattendo la porta: quanto entrerai nella vita vera, Federica, la porta non sbatterla mai perché potresti rimanere per strada chiusa fuori. Nella vita — non nella vita d’oro — funziona che la vita ha delle sconfitte, dei no, delle fermate, che vengono anche se si è fatto tutto e tutto bene. Il quarto posto ci sta anche se non ci sono colpevoli. Federica dice che non sa perché non ha vinto perché ha fatto tutta la preparazione che doveva fare, e io le credo. Io le credo perché di gente disoccupata che aveva i titoli per lavorare e aveva fatto la preparazione giusta, io ne conosco tanta. E conosco anche gente che ha un tumore senza aver fumato e avere sbagliato mai nulla. È la vita che è fatta così, Federica.
La vita, scoprirai Federica, è per i grandi, cioè per chi non cerca colpevoli ma riparte e si rituffa. La vita non è un gioco. Chi perde torna a casa per davvero. Non c’è una seconda partenza. Non si ripassa dal via. Non c’entra l’orgoglio personale: ora, Federica, sei simile a me e questo può solo farti bene. Quando sei appesa alla corsia, ti togli la cuffia e ti immergi per mandare indietro i capelli che sono pieni di pensieri, quando sei così, sei come me quando perdo. Sei come me nella vita. Tu puoi insegnarmi molto sul nuoto. Io posso insegnarti molto sui quarti posti.



Fuori dai riflettori e senza medaglie al collo, le vite si assomigliano molto e sono tutte complicate. Se mi facessero un primo piano ad ogni traguardo mancato scopriresti che io e te ci assomigliamo molto. Benvenuta nelle domande notturne, quelle tipo: vale la pena tanto sforzo? Vale la pena riprovare? Queste sono le domande notturne, perché la notte è il momento più duro di un momento duro della vita. Vedo il tuo post su Instagram e capisco che nella vita vera sei solo una principiante: lì parli di cambiar vita. Succede, quando si è agli inizi nella vita vera. Ma la vita è questa, è fatta così. Sempre. Anche a bordo vasca. E ne vale sempre la pena.

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