A 36 anni di distanza dalla strage di Bologna con l’esplosione di un ordigno nella stazione centrale, non sono stati ancora assicurati alla giustizia, né individuati, i mandanti del più sanguinoso attentato terroristico della storia d’Italia. Per questo motivo oggi il sindaco di Bologna Virginio Merola ha chiesto alle istituzioni maggiore impegno per ottenere “giustizia piena”. Queste le sue parole riportate da “Il Fatto Quotidiano”:”“Si sono fatti dei passi avanti significativi, come l’approvazione del reato di depistaggio, ma c’è ancora da raggiungere la verità, e quindi la giustizia piena, per arrivare ai mandanti. L’approvazione del reato di depistaggio è un passo significativo che testimonia l’impegno delle istituzioni per la nostra città. Bisogna trasformare il dolore di 36 anni fa in consapevolezza, dare un senso a questo dolore, cosa di cui abbiamo bisogno anche rispetto a quello che sta succedendo nel mondo”.
Si è svolta oggi una commemorazione della strage di Bologna, avvenuta 36 anni fa, alle 10:25 del 2 agosto del 1980. Furono 85 le vittime e 200 le persone ferite nell’esplosione di un ordigno che fece crollare la pensilina della sala d’aspetto della seconda classe. Oggi in piazza a Bologna, in ricordo della strage, sono scesi anche i musulmani. Yassine Lafram, coordinatore comunità islamica di Bologna, in un’intervista a Il Fatto Quotidiano ha spiegato il perché: “Abbiamo deciso di partecipare per dire che il terrorismo oggi colpisce tutti quanti e non può trovare giustificazione in nessuna tradizione religiosa. Da una parte abbiamo i portatori dell’ideologia del terrore che colpiscono, se guardiamo i numeri, i musulmani e abbiamo bisogno di essere in piazza per rimarcare la nostra totale condanna a qualsiasi forma di terrorismo. Abbiamo alzato il nostro livello di vigilanza nelle nostre moschee: continuiamo a stare attenti alle prediche e ai potenziali cattivi maestri e ad emarginarli e a denunciare chi possa avere cattive intenzioni”.
Rievocare la strage di Bologna del 2 agosto di 36 anni fa alla stazione centrale fa tornare alla mente dei bolognesi che vissero quei tragici momenti da vicino e degli italiani che seguirono da casa le dirette dei telegiornali, due immagini in particolare: l’orologio della stazione, fermo alle ore 10:25, e l’autobus della linea 37, che per 15 ore ininterrottamente venne guidato dall’autista Agide Melloni. Fu lui l’uomo che si offrì di trasportare fino alle 3 di notte i cadaveri delle vittime rimaste schiacciate sotto all’esplosione fino all’obitorio. Per alcune ore i corpi furono visibili attraverso i finestrini, poi qualcuno pensò bene di posizionare delle lenzuola a protezione della dignità delle salme. Fatto sta che, come riporta La Repubblica, molti anni dopo quel gesto per certi versi eroico, che fece dell’autobus 37 uno dei simboli dell’orgoglio bolognese, il mezzo sia finito a marcire in un vecchio deposito dell’Atc. L’autista Egidio Melloni, che all’epoca dell’accaduto aveva 31 anni, intervistato oggi da Lettera 43 nonostante la flebile memoria di chi dovrebbe garantire il giusto tributo ad un pezzo di storia italiana, confessa:”Quell’autobus era la testimonianza di vita e di morte. Lo guidai molte volte ancora. E mi creava sempre una certa emozione”. Poi sottolinea:”Chi ha avuto il destino di esserci deve raccontare, al di là delle strumentalizzazioni e delle manipolazioni affinché non siano cancellati i drammi, i gesti, i volti, le immagini, le grida. Per creare come un suono nella testa di chi non era ancora nato”.
-C’è un orologio fermo nell’ala ovest della stazione centrale di Bologna. Serve a ricordare, come se ce ne fosse bisogno, la strage avvenuta alle 10:25 del 2 agosto del 1980. Trentasei anni fa esatti, quando un ordigno a tempo, nascosto in una valigia abbandonata e carico di diversi kg di esplosivo, fece crollare la pensilina a copertura della sala d’aspetto della seconda classe, all’interno della quale rimasero schiacciate senza vita 85 persone e ferite o mutilate altre 200. Subito dopo la realizzazione dell’attentato terroristico più sanguinoso della storia d’Italia, le indagini degli inquirenti riconobbero come esecutori materiali della strage alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), tra cui Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Più difficile, visti i depistaggi messi in atto dai servizi deviati fra l’altro dal Gran Maestro della P2 Licio Gelli, risalire ai mandanti. Per questo motivo, come riportato da “La Stampa”, oggi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, invoca con forza la ricerca di una “verità piena, che è premessa di giustizia”, poiché “permangono ancora domande senza risposta e la memoria è anche sostegno a non dimettere gli sforzi per andare avanti”, soprattutto in considerazione del “segno indelebile” che questa strage ha impresso “nella coscienza civile del nostro popolo”.