Centoquarantadue secondi di scossa. Un tempo senza fine, ma che non ti dà il tempo di riflettere, neanche di scappare. Il terremoto sconvolge ancora una volta la notte. La casa trema in riva al mare e subito si capisce che verso la montagna qualcosa di grave sta accadendo. Paura, come nel 2009. Su per giù la stessa ora, 3.32 nel 2009, 3.36 oggi. Il mostro si sveglia sempre puntuale. La zona in linea d’aria è racchiusa in un fazzoletto di chilometri, tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo.
Scosse che si susseguono mentre la gente ancora una volta scende in strada, si mette a dormire in macchina.
Le prime notizie portano verso la Salaria, la strada che attraversa l’Appennino al confine tra il Parco Gran Sasso e Monti della Laga e il Parco dei Monti Sibillini. Piccoli paesi pieni di fascino arroccati sui monti, richiamo di turisti ed emigranti di ritorno per le ferie estive. Il terremoto ha scelto di colpire nel momento peggiore, quando i paesi sono abitati anche quattro volte di più rispetto ai mesi invernali. E la conta di feriti e morti sale di ora in ora. Lo scenario che si è presentato ai primi soccorritori è stato devastante. Antiche case fatte di pietre e terra, spesso senza neanche cemento, che si sono sbriciolate. Strade bloccate da frane che hanno reso difficile anche il sopraggiungere dei primi soccorsi. Solite proteste da chi vorrebbe tutto e subito. Ma a trionfare ancora una volta sul dolore la macchina del volontariato che si è messa in moto in pochissimo tempo.
Paesi che sono da sempre meta di gite, di scampagnate, di ricche mangiate. I bucatini all’amatriciana ad Amatrice, le castagne di Arquata del Tronto, le patate rosse della Val Nerina, il prosciutto di Norcia, i tartufi erano i motivi per cui si parlava e si veniva in questi posti. Adesso invece ci sono persone da aiutare, familiari da consolare. Piccoli gesti e un soccorritore appare come un angelo. “Ho consegnato due coperte a una coppia di anziani — ha raccontato Franco, corso subito da Ascoli Piceno — e le lacrime e le parole di ringraziamento e la loro preoccupazione per gli amici del paese. Notizie che non arrivavano in un paese che attendeva l’alba per poter rivedere la luce”.
La gente non si aspettava il terremoto. Stessa sequenza e stessi luoghi come nel ‘600. Corsi e ricorsi come era accaduto all’Aquila, imprevedibili e feroci. Il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, ha subito offerto ogni aiuto possibile. “Nessuno come gli aquilani capisce cosa è accaduto — ha detto il primo cittadino del capoluogo abruzzese — abbiamo appartamenti vuoti nei Progetti Case e le mettiamo a disposizione per gli sfollati che non vogliono vivere in tendopoli”. 250 alloggi ereditati dalla solidarietà del 2009 e ora a disposizione per questo nuovo tragico momento.
L’Aquila ha messo a disposizione anche l’ospedale che con quello di Rieti è punto di riferimento per i soccorsi.
Purtroppo si contano i morti, si spera che i feriti gravi possano vincere la loro battaglia. Intere famiglie, tanti bambini non ce l’hanno fatta. Nel 2009 arrivò Berlusconi, oggi tocca a Renzi e Boldrini girare nelle zone terremotate e dare garanzie di un futuro diverso a chi è sopravvissuto ma ha perso tutto. Le abitazioni rimaste in piedi sono tutte lesionate e inagibili. Paesi che non esistono più. Accanto agli aiuti umanitari la preghiera. Anche nelle tendopoli immediatamente spuntate nelle aree colpite dal sisma si prega. La vicinanza di Papa Francesco ha stimolato molti a chiedere aiuto, forse anche a ringraziare che nel dramma si guarda ancora avanti. E nel Teramano è morto un anziano. Il padre del parroco di Civitella del Tronto, ultimo baluardo borbonico, al confine con le Marche e le terre del Papato. La sua casa ha tremato per il terremoto, nessun danno, ma l’anziano è morto d’infarto. Per la paura. Torna la solidarietà in maniera evidente, ma la paura fa trasparire anche la volontà di stare insieme, così nei paesi genitori, figli, fidanzate, nipoti si ritrovano a pranzare allo stesso tavolo. La frenesia del quotidiano trova una pausa che fa riscoprire sentimenti spesso assopiti.