Le lancette dell’orologio sono ferme alle 3.36 in molti campanili dei paesi terremotati. Là dove non sono crollati. Campane e orologi che a volte in maniera inconscia hanno dettato il trascorrere del tempo, il lento divenire di una giornata e dei suoi accadimenti.
Maria ha quasi 80 anni ed è sfollata in una tendopoli allestita dalla Protezione civile. Trascorre le sue giornate seduta fuori dalla tenda, aspettando qualcuno da salutare, osservando il lavoro dei volontari. “Il tempo si è fermato — racconta Maria — non è più come prima. Guardo gli uomini con la giacca rossa, sembrano tante formiche. Di continuo avanti e indietro ma io non so più seguire le giornate. Prima mi svegliavo, attendevo le campane per andare a messa. Due chiacchiere con le amiche poi le campane che suonavano ogni mezz’ora ricordavano l’ora di tornare a casa per preparare il pranzo. Le campane segnavano la vita del nostro paese, i momenti allegri e felici ma anche quelli tristi. Adesso c’è silenzio totale e senza orologio non si sa che ore sono”.
Il campanile, le campane e l’orologio erano il fulcro del paese. “Adesso tutto è triste, molte amiche sono rimaste sotto le macerie — dice ancora Maria — vorrei risentire i suoni per scoprire che si torna alla normalità”. Rimane ferma Maria, come una campana imbavagliata. Silenziosa, ferma, quasi priva di vita. “Spero di tornare presto a casa, in paese. Quando vedo queste formiche lavorare il mio cuore si rasserena anche se le scosse che ci sono ogni giorno fanno paura. Un signore mi ha promesso di portarmi ad Ascoli per farmi sentire le campane ma non è la stessa cosa”, conclude Maria con un velo di tristezza.
“La storia di Maria ci ha permesso di riflettere su quanto sia importante per ciascuno di noi rivalorizzare l’orologio, il suo rappresentare un simbolo condiviso, suono che richiama alla valorizzazione dello scandire di un tempo ormai troppo lontano ma necessariamente da riscoprire, un tempo che si contrappone al mordi e fuggi, all’usa e getta, al touch-screen, agli sms — ha sottolineato la psicoterapeuta Maura Ianni —. Il rintocco dell’orologio ci impone di ascoltare in modo comunitario il valore della storia, ci pone davanti all’importanza di ciò che è stato quale fondamento, di ciò che è e di ciò che è in divenire. Il silenzio, la rottura e l’inattività dell’ingranaggio testimoniano indifferenza verso le nostre radici e ci impongono una società cieca e sorda, una società che vede solo il presente, l’hic et nunc, una società che non si ferma ad ascoltare, a riflettere ma che ascolta il rumore assordante di un divenire che va troppo in fretta ma che, a volte, rimane immobile come immobili sono le lancette dell’orologio che silenziosamente testimoniano l’incuria e l’indifferenza per il bene e per i beni comuni”.
Il terremoto ha portato via lo scandire del tempo. Maria rimane fuori dalla tenda, alla ricerca dei rapporti umani, quelli che nella vita di paese di montagna erano scanditi dai rintocchi. Quelli che sono fermi come le lancette dell’orologio del campanile.